I finanziamenti illeciti della Cdu: una questione europea

Kohl: il giorno
della vergogna

"Vogliamo capire che fine hanno fatto quei soldi? Perché sono stati donati? Per fare un piacere a Kohl o per influenzare le sue decisioni di governo?".
Queste domande, scagliate come sassi da un dimostrante sui deputati riuniti al Bundestag, tormentano la Cdu e la Germania dal 30 novembre del del 1999.

Da quando, cioè, per la prima volta l'ex-cancelliere Helmut Kohl ha ammesso di aver utilizzato un sistema di conti segreti per finanziare la sua campagna elettorale.
Il fango sollevato sull'
uomo simbolo della Cdu assesta un colpo gravissimo al partito, e getta una lunga ombra sullo stesso processo d'integrazione europea. Ma soprattutto consegna alla Germania un volto diverso di quello che veniva ormai considerato un padre della patria alla stregua di Adenauer.

Nonostante col voto nello Schleswig-Holstein la Cdu e la società civile abbiano dimostrato una capacità di tenuta molto superiori a quanto si potesse pensare, la Germania riunificata vive la sua crisi più grave. In discussione c'è la credibilità del partito che rappresenta uno dei pilastri principali della politica tedesca: il partito che ha tenuto a battesimo la Repubblica federale dopo la caduta del Nazismo e che per mezzo secolo ha impedito che si riformassero alla sua destra formazioni estremiste. Non basta: i cristiano democratici hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del modello socioeconomico renano che, coniugando un po' di mercato e un po' di socialità, ha inspirato l'intera Europa.

 

"La Cdu è finita e non si risolleverà più"
Dan Diner, uno fra i più autorevoli storici tedeschi

 
     

Lo scandalo è venuto alla luce grazie a un'inchiesta del Sueddeutsche Zeitung. Il quotidiano ha rivelato che un amico personale di Kohl, Horst Weyrauch (commercialista della Cdu), amministrava una decina di conti fiduciari alimentati con i contributi di alcuni imprenditori e utilizzati per finanziare le organizzazioni regionali del partito. Lo stesso ex-cancelliere ha ammesso il 30 novembre del 1999, dopo aver però negato a lungo, la propria responsabilità nella gestione dei fondi riservati, rigettando però ogni accusa di corruzione.
Sebbene nessuno sospetti Kohl di essersi arricchito, la gravità dello scandalo ha indotto anche i giornali più misurati a formulare espressioni sopra le righe. E così, l'uomo che una volta veniva indicato come il padre della riunificazione e dell'euro, ora merita epiteti come "Don Kohleone" o "padrino".

 

"Kohl aveva trasformato la Repubblica in una monarchia, in un sistema di dispotismo radicale"
Wolf Lepenies, rettore del Weissenschaftkolleg di Berlino

 
     
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Nessun dramma
alla prova del voto

"Non sono mai
stato in vendita"

Una colletta per
salvare la faccia

La stessa testardagine del vecchio leader a non voler rivelare i nomi dei finanziatori della Cdu, per non tradire la propria parola d'onore, non fa che esacerbare gli animi dell'opinione pubblica, dell'opposizione e dei suoi stessi compagni di partito. Che si spaccano nettamente sull'atteggiamento da tenere nei suoi confronti. Da un lato quanti, come l'attuale presidente Angela Merkel, vogliono accelerare lo sganciamento da una figura ormai ingombrante, dall'altro chi per lealtà, orgoglio o per il semplice timore di essere coinvolto s'impegna in una difesa a oltranza.

Spd: fra responsabilità e voglia di rivincita
Di fronte a questa situazione la Spd tiene una linea abbastanza cauta e rinuncia a cavalcare lo scandalo, anche se Schroeder, da mesi in crisi di credibilità, non si lasci sfuggire l'occasione di assestare, di tanto in tanto, qualche colpo piuttosto duro. In una struttutra tendenzialmente bipartitica come quella della Repubblica federale, il collasso di un'ala dello schieramento non va semplicemente a vantaggio della controparte: sullo sfondo c'è l'incubo weimeriano della disintegrazione del sistema politico, con gravi rischi per la tenuta della democrazia.

 

"Questa non è la crisi del Paese, né delle istituzioni, ma solo di un partito"
Gerhard Schroeder

 
     

D'altra parte i sondaggi rivelano come i tedeschi siano convinti che anche i socialdemocratici, se fossero rimasti al potere a lungo quanto la Cdu, si sarebbero lasciati andare alla corruzione. E a confermare queste opinioni ci sono i guai giudiziari che comunque pure la Spd deve fronteggiare.
Ma anche senza calcare troppo la mano, per la socialdemocrazia la bufera che sconvolge l'opposizione rappresenta una manna dal cielo. Dopo 6 sconfitte consecutive nelle competizioni elettorali locali e la progressiva perdita di popolarità del cancelliere, i sondaggi danno Gerhard Schroeder finalmente in rimonta. Tanto più dopo che la poratata dello scandalo si allarga fino a coinvolgere e spazzare via anche
Wolfgang Schauble. E insieme a lui l'illusione dei cristiano democratici di poter salvare il partito abbandonando Kohl al suo destino. In precedenza tutte le proiezioni elettorali davano proprio Schauble nettamente davanti al cancelliere in carica.

Ma gli argini non sono crollati
"Ho fatto il miracolo: ho evitato il tracollo". Così Volker Ruehe, capo della Cdu dello Schleswig-Holstein, commenta l'esito delle prime elezioni dopo lo scandalo, quelle che si sono tenute nel piccolo stato nordico, il 27 febbraio del 2000.
Contro i pronostici quasi unanimi della vigilia, che davano per scontata una forte emoraggia di voti per la Cdu, il partito ha invece retto, cedendo solo due punti e passando dal 37,2% di quattro anni fa, al 35,2.

Volker Ruehe

Va ricordato che prima dello scandalo i sondaggi davano la Cdu nettamente in testa sulla Spd. Gli scontenti si sono rifugiati nel partito liberale, l'Fdp, che passa dal 5,7 al 7,5. Ma il dato più rassicurante è stata la mancata affermazione di compagini xenofobe: una dimostrazione della maturità politica della società civile tedesca, ormai immune a tentazioni pericolose, anche in un momento di grande frustrazione e delusione verso le istituzioni, e dopo il "cattivo" esempio austriaco. Sconfitto pure l'astensionismo. La partecipazione elettorale è stata più alta del solito: 70,2%.

La Spd (al 43,2%, contro il 39,8 di 4 ani fa) e la sua candidata Heide Simonis sono le vincitrici delle consultazioni. E' la prima volta dall'autunno del 1998, da quando, cioè, è al governo del Paese.
Calano i Verdi: dall'8,1 al 6,2 e quasi raddoppia il partito della minoranza danese, la Ssw: dal 2,5 al 4,1.

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