Una volta erano brigate
"Noi manteniamo la tradizione, ma siamo in pochi"

 

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I vecchi striscioni

Fino a qualche anno fa si chiamavano Brigate GialloBlu. Il nome ricordava i colori sociali della squadra, ma era troppo simile a quello di altre tifoserie. Già a Parma e a Verona esistevano delle brigate. Per Urbino ci voleva qualcosa di originale e ducale, così le nuove leve hanno pensato di chiamarsi Armata. Il nuo corso è cominciato da poco. "Si può dire - spiega Andrea Sorgente - da dopo la diffida. Nell'anno di pausa forzata che alcuni di noi hanno avuto è partita la riorganizzazione".

Il problema è stato prima di tutto quello di ritrovare il gruppo. Negli anni sessanta l'Urbino era uno squadrone e aveva un gran numero di tifosi. Con la televisione e la possibilità di vedere le grandi squadre, il seguito della squadra locale si è affievolito. Gli anni novanta hanno portato i nuovi ultrà, quelli che hanno cambiato il nome e introdotto i cori e la coreografia.

 

Dal Ducato del febbraio 1999, un articolo di Luigi Perna su
uno storico tifoso dell'Urbino, quando l'Armata non esisteva:

Davanti ai suoi occhi, sono passati quasi cinquant'anni di storia dell'Urbino calcio. Episodi, statistiche, personaggi che scorrono uno dietro l'altro nel libro della memoria. Dall'album dei ricordi, Carlo Mancini tira fuori immagini sbiadite dal tempo: i ritagli dei giornali con i titoli dell'epoca, raccolti e custoditi con gelosia, assieme alle note dei gol e dei marcatori di ogni incontro. Pensionato di 74 anni, moglie e tre figli sposati, il tifoso d'eccezione racconta: "Andavo a vedere le partite già da ragazzino. Poi dal '61 al '67 sono stato dirigente sportivo dell'Urbino. Dalla panchina potevo osservare le azioni decisive, al ritorno a casa le disegnavo".Una passione così forte da diventare creazione, scritto, aneddoto. Come nella "Cartolina del passato", la rubrica che pubblicava sul giornalino distribuito la domenica allo stadio, con le storie della squadra del cuore. "Allora - continua Mancini - l'Urbino vinceva dappertutto: seguire i giocatori in trasferta era normale amministrazione e tutta la città partecipava, con sottoscrizioni e cambiali per sostenere le spese della squadra. Del resto, anche oggi è così: la gente va allo stadio solo se si vince". Nel '66 la formazione ducale supera il Senigallia 5-3 in un drammatico spareggio ai rigori, poi si fa onore per tre anni nel campionato di quarta serie. "In quel periodo Urbino ebbe la squadra più forte di ogni tempo", scrive Mancini ne "L'orologio in piazza", un libro dedicato alla città. Era la creatura del presidente Dino Tiberi e dell'allenatore Oscar Castellini, c'erano il portiere Cottini, Amaranti, gli attaccanti Ereditieri e Longo. Memorabili i derby con Gallo, Fermignano, Sant'Angelo in Vado. Tanti fotogrammi nitidi di quel periodo, ma il ricordo più vivo è per un giocatore urbinate del dopoguerra, Felice Mulazzani: "Fu un esempio di dedizione e generosità, mi piacerebbe che gli venisse dedicato il nuovo Palazzetto dello sport di Urbino".Nelle parole di Mancini, passato e presente inevitabilmente si intrecciano. Molte cose sono cambiate da allora. Ma quanto è diversa la realtà di oggi? "La seguo dai giornali, ma vedo un rinnovato interesse intorno alla squadra. Forse per l'Urbino è davvero l'anno buono: la promozione è un obiettivo possibile". Il presente sono giocatori giovani, piccole imprese che si consumano sull'erba dello stadio Montefeltro a Mondolce, costruito quando scomparve il vecchio e glorioso "Quattroventi". Mancini continua ad annotare risultati e classifiche. Dietro l'angolo, c'è una storia ancora tutta da scrivere.

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