Allo stadio ci vado anche io
"Ho cominciato a 15 anni e non ho più smesso"

 

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"Le prime trasferte le ho fatte a quindici anni, ma allo stadio a Urbino ci andavo già da prima", Andrea racconta così i suoi inizi. Lui ha cominciato presto andando con i ragazzi più grandi. Dante ha cominciato quando giocava nelle giovanili. "E' una cosa importante - spiega il biondino con gli occhi azzurri - perché rappresenta la città. Ti senti protagonista e cerchi di coinvolgere sempre più gente". Un po' diversa la scelta fatta da una delle ragazze. "Il calcio mi è sempre piaciuto", dice Sara. "Quando ho cominciato a fare l'arbitro - continua - ho preso a frequentare lo stadio. Andavo a vedere le partite perché era un allenamento. Stavo da sola, non conoscevo l'Armata. Soltanto dall'anno scorso ho cominciato ad andare in trasferta con loro".

La strada da fare è la stessa anche adesso, basta essere originali e non temere i commenti cattivi del resto della città. I ragazzi più giovani fanno i raccattapalle e seguono la partita da bordo campo. Quelli un po' più cresciuti si mettono nel settore dello stadio vicino all'Armata. Tutti conoscono i cori e li cantano. Tutti insultano gli avversari. I bambini sotto i dieci anni probabilmente non conoscono il significato di tutto quello che dicono, ma lo dicono.

Gli Armati sanno fare proseliti soprattutto fra i ragazzini. Gli altri tifosi dell'Urbino li guardano con condiscendenza. I bambini provano invece ammirazione. Vorrebbero andare anche in trasferta, ma i loro genitori non lo permettono. Quando gli Armati chiamano sugli spalti i raccattapalle durante il secondo tempo di un incontro casalingo che l'Urbino sta vincendo, i piccoli sono onorati. I ragazzi li chiamano soltanto per rallentare il gioco, ma per loro è il primo passo per entrare nel gruppo. "I bimbi sono veramente teppistelli. Vengono a rubare le bombe" dice Andrea dei ragazzini.

La curva allo stadio di Urbino

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