La
valley dei
miracoli di Antonio Rossitto |
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Era una città invivibile. Oggi Catania è rinata Quando gli hanno domandato perché un imprenditore dovrebbe investire a Catania, Pasquale Pistorio ha risposto sicuro: "Per i cervelli". Molti laureati e una disoccupazione altissima abbassano il costo del lavoro intellettuale. I "cervelli" siciliani, laureati delle facoltà etnee, pur di lavorare sono disposti a percepire uno stipendio minore. Come fossero in saldo. Come farsi il guardaroba fuori stagione pagando la metà e avendo a disposizione tutta la scelta che si vuole. Un vantaggio indiscutibile per le multinazionali. Che dà al sud un enorme vantaggio competitivo rispetto ad altri concorrenti europei. Ma c'è dell'altro. Per lo sviluppo dell'Etna Valley sono state, e sono, importanti le sinergie con l'università e gli enti locali. E Giuseppe Brancatelli, aggiunge un altro fattore: la sicilianità. Spiega: "Le persone nate e cresciute in un territorio problematico come il nostro hanno una grande capacità di problem solving. Crescere in una città dove c'era un morto al giorno, dove era necessario avere gli occhi anche dietro la testa aiuta a cavarsela in ogni situazione. Anche nel business. Non è un caso se il mondo è pieno di imprenditori siciliani che hanno avuto successo". Il rovescio della medaglia è la diffidenza. Voler fare tutto da soli. "L'Etna Valley, ad esempio, è un distretto atipico, disperso nel territorio. Ciò è dovuto alla scarsa propensione all'associazionismo dei catanesi: imprenditori brillanti, ma individualisti". E sorride amaro: lui che negli anni alla guida dell'associazione giovani industriali ha provato a mettere assieme mille teste. Senza riuscirci. L'ex sindaco di Catania Enzo Bianco, conscio del problema, aveva lavorato a braccetto con l'Università e la St di Pistorio. "Bianco ha dato una spinta decisiva facendo conoscere ovunque il fenomeno: molti imprenditori siciliani all'estero sono rientrati per investire a Catania". E fu proprio l'ex ministro dell'interno a creare al progetto Atena: un pensatoio composto da brillanti imprenditori catanesi dipendenti di multinazionali, che - gratis - hanno sfornato idee e progetti per amore della loro terra. Ma i meriti riconosciuti a Bianco vanno al di là dell'Etna Valley. Dieci fa
Catania era sporca e cattiva. Il centro storico marciva nell'abbandono,
c'era immondizia ovunque, gli abitanti erano costretti al coprifuoco
notturno. La città era nelle mani dei Cavalieri del Lavoro: i
Costanzo, i Graci, i Rendo e i Parasiliti. Signori dell'edilizia e del
malaffare che sul business del mattone, sull'intreccio tra mafia e politica
costruivano la loro fortuna. Poi prostituzione, droga, armi: un inferno
che tra il 1986 e il 1996 fece oltre 1000 vittime. Certo i
problemi restano. La disoccupazione sfiora il 30%, la crisi idrica è
sempre in agguato, le infrastrutture sono da potenziare. E la mafia?
"Non ha le conoscenze necessarie per entrare nel salotto buono
dell'high-tech. Per questo non è interessata all'Etna Valley,
perché non la capisce, non sa come funziona. E poi i nostri clienti
sono spesso società straniere, difficilmente raggiungibili da
Cosa nostra". La teoria dell'ingegnere catanese è rafforzata
dai fatti. "Mai avuto una minaccia, un sentore. Anche se io l'ho
sempre detto: piuttosto che cedere mi sarei fatto ammazzare". Dossier
multimediale dell'Istituto
per la formazione al giornalismo di Urbino - maggio
2002
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