La valley dei miracoli
di Antonio Rossitto
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La forza delle idee
Arance e microchip
Se l'unione fa la forza

 

Pasquale Pistorio, a destra, con Enzo Bianco
Se l'unione fa la forza
Elita Schillaci: "Forti le sinergie con St ed enti"

"Si, è un miracolo. Come definirlo altrimenti?". Senza enfasi, senza alzare le braccia al cielo, Elita Schillaci parla di Etna valley. Ad aprile è diventata la prima donna a essere eletta preside della facoltà di Economia a Catania. Nata 43 anni fa nel capoluogo etneo, si è laureata nella facoltà che adesso dirige, specializzandosi poi a New York, infine è tornata nella sua città "per dare il suo contributo allo sviluppo". È considerata la massima esperta del fenomeno. Sull'Etna valley, e sul "mondo St" in particolare, ha scritto libri, fatto ricerche, scandagliato a fondo l'argomento.

Il miracolo lei lo argomenta così: "Studio il tessuto economico catanese da tempo. La piccola dimensione delle imprese, le loro difficoltà…Allora, per quello che è stata l'imprenditoria in Sicilia, è stato un miracolo. Perché si tratta di un'imprenditoria molto frammentata: senza una vocazione specifica, senza settori trainanti. La mia impressione è però che non si tratti di un processo completo: siamo solo all'inizio del percorso". Un embrione, secondo la docente, non un distretto. "Almeno in una configurazione economica del concetto, che prevede modelli di divisione del lavoro all'interno di un'area e forme di scambio non solo dalle grandi alle piccole imprese".

Ma come mai proprio Catania? Perché la "valley dei miracoli" non è nata a Palermo, o a Reggio Calabria, o in una qualsiasi altra area del sud Italia? "Rispetto alle altre zone intanto c'è la presenza di una grande azienda high-tech che fa da polo catalizzatore. Rispetto al passato c'è stata una rifocalizzazione della produzione. Dopo l'azione di Pistorio la società si è concentrata su attività produttive ad alto valore aggiunto, focalizzando a Catania la produzione hi-tech - attività che richiede l'uso di laureati di grande valore - la ricerca e lo sviluppo". Ma il baffuto presidente della multinazionale italo-francese ha anche un altro, grande merito: "Il forte senso di responsabilità verso il territorio, ovviamente sempre in una logica di massima redditività: la St come strumento di crescita dell'Etna valley".

Oltre a questo c'è stato un forte legame con l'ateneo catanese: una serie di progetti, consorzi, brevetti sviluppati insieme. La Schillaci spiega: "La nostra università deve essere imprenditoriale: non avere solo un ruolo di formazione, ma anche di promozione e sviluppo del territorio. Noi siamo quelli che fabbricano le risorse, i cervelli. E quindi tra noi e la St c'è stato questo processo di concertazione, per la verità dettato dall'esigenza più che da una direzione strategica ben precisa". Adesso, tra i dipendenti dell'azienda, moltissimi sono ex studenti che, mantenendo strette relazioni con l'università, hanno creato un network.

Ultimi protagonisti della favola: gli enti locali. "Lo sviluppo che la città ha avuto durante l'amministrazione Bianco è stato notevole". Aggiunge che la sua azione di marketing territoriale è stata ottima: l'Etna valley è stata ben promozionata, i dati positivi sono stati comunicati con efficacia. Questo ha creato un clima di fiducia da parte degli investitori. Fare conoscere il "modello Catania" nel mondo è stato decisivo. Del resto, prima di candidarsi nel 1992 a sindaco, Bianco era un imprenditore. "Si è impegnato in prima persona nel progetto, così come la provincia del resto. Ha capito che l'high-tech poteva essere un modello di sviluppo da affiancare al turismo".

E il post Bianco? Da due anni alla guida dell'amministrazione comunale c'è il forzista Umberto Scapagnini: ex preside della facoltà di Farmacia, medico personale di Berlusconi. "Sta facendo tanto anche lui puntando sul biotech, viste anche le sue conoscenze da farmacologo. Vuole creare diversi poli collegati tra loro e certamente la biotecnologia è un settore su cui puntare. Mi sembra una scelta molto coerente la sua".


Dossier multimediale dell'Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino - maggio 2002