La valley dei miracoli
di Antonio Rossitto

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Un interno dello stabilimento St a Catania
Lezioni americane
Flessibilità e poca burocrazia: il modello Silicon

"Il vulcano della tecnologia italiana sta per esplodere", titola Wired, bibbia della new economy. "L'eruzione hi-tech dell'Etna valley" scrive l'autorevole Financial Times. Parole entusiastiche che risalgono a poco tempo fa, "giudizi condivisibili" per Federico Rampini. "Certo - aggiunge il giornalista di Repubblica - può esserci stato l'effetto sorpresa: il fatto che questo distretto sia nato in una realtà dove non era scontato accadesse, in una zona tradizionalmente depressa. Però, senza dubbio, si tratta di riconoscimenti meritati". Spingendosi un po' più in là: l'Etna valley può diventare un punto di riferimento in Europa?

"Non sarà facile - spiega - considerata anche l'importanza di altre aree: Cambridge in Inghilterra; alcune zone della Svezia; la Baviera in Germania; il distretto spagnolo di Barcellona; l'Olanda, dove hanno delocalizzato molte multinazionali americane. Tanti concorrenti agguerriti. Però sicuramente ha Catania ha delle chances".

In Europa, quindi, potrà giocare le sue carte. Una sfida nella quale saranno fondamentali anche le relazioni con la California. "Da questo punto di vista il distretto etneo può contare sulla stessa St, che ha uno stabilimento nella Silicon valley e fa da ponte. Poi su un gruppo di catanesi, venuti qui quando la Olivetti aveva un importante centro di ricerca in America. Tra questi c'è Giuseppe Torrisi, che si occupa di venture capital. E Mario Mazzola, vice presidente della Cisco". Magari loro ci investirebbero anche a Catania. Rampini chiarisce: "Mazzola non credo. Torrisi, invece, ha strette relazioni con l'Italia: il gruppo Telecom gli ha affidato lo sviluppo di venture capital. Per lui Catania è una possibilità".

Ma fattore ancora più importante delle buone relazioni sarà cercare di esportare in Sicilia alcuni degli ingredienti che hanno portato al successo il distretto californiano. Quali? "La forte mobilità e flessibilità del lavoro, per esempio. Poi una burocrazia estremamente agile, una grande semplicità amministrativa. Creare una nuova azienda in California è un gioco da ragazzi: bastano poche ore e qualche pratica da firmare. Da questo punto di vista l'Italia è poco competitiva. Un'altra cosa da copiare è la pressione fiscale molto bassa".

Poi la forza lavoro, i cervelli: ingegneri che arrivano da ogni parte del mondo affascinati dal californian dream. "La Silicon valley - conferma Rampini - ha dovuto parte del suo successo alla capacità di attrarre forza lavoro molto qualificata da tutto il mondo, non solo da Stanford". Obiezione: in America però perdere il lavoro è facile come trovarlo. "È vero, ma questo permette di gestire meglio i momenti più neri. Nei periodi di recessione l'industria delle nuove tecnologie riesce a smaltire più facilmente e velocemente degli altri settori la crisi. Questo porta anche a una grande mortalità delle imprese. Restano solo i migliori: la competizione è altissima. Ma queste sono caratteristiche del modello americano, che non ha l'Italia né nessun paese europeo".


Dossier multimediale dell'Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino - maggio 2002