traduzione di Admir
Masic
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La
storia del popolo, degli eventi e del territorio di Kolibe
si potrebbe raccontare in tre modi. Il primo, e il più attendibile,
sarebbe studiare i segni materiali e il materiale cartaceo. Purtroppo,
non abbiamo materiale sufficiente per avere un quadro completo delle
fasi di nascita e sviluppo di Kolibe come comunità. Il secondo
metodo, basato sulla trasmissione orale delle informazioni da una
generazione all’altra, è ovviamente soggetto a deviazioni
rispetto alla realtà dei fatti. Il terzo modo per studiare
la storia, in questo caso di Kolibe, consiste nell’usare gli
scritti presenti in diversi archivi della Bosnia Erzegovina, e negli
archivi storici del comune di Bosanski Brod e della regione (con
sede a Doboj) nei diversi periodi storici.
Il primo racconto che può avere un senso, e che narra le
prime radici di Kolibe, dice che le prime capanne (appunto
“kolibe” in lingua serbo-croata) sono state costruite
per rispondere alla necessità degli antichi mercanti di animali
(kalamari) i quali, viaggiando dalla Bosnia centrale verso
Djakovo (il più grande mercato di bestiame dell’epoca)
a causa della lunghezza del viaggio erano obbligati a fermarsi e
costruire dei bivacchi per riposare. E si fermavano generalmente
vicino all’acqua, spesso lungo un fiume che incontravano durante
il viaggio. Col tempo queste costruzioni sono diventate residenze
stabili per alcune famiglie, la vita delle quali era strettamente
legata ai mercanti di bestiame che passavano ogni tanto. La terra
circostante offriva la possibilità di produrre cibo, che
garantiva la sopravvivenza alle famiglie, ma bastava anche per la
vendita ai mercanti di passaggio. Spesso si ricorreva anche al baratto:
ad esempio si accettava bestiame in cambio di cibo o vestiti.
Tutto questo accadeva nel diciassettesimo e diciottesimo secolo,
e le prime abitazioni di questo tipo (“kolibe”, “krovinjare”,
“hudzerice”…) furono costruite su una humca (collina)
che sovrastava il fiume Cadjavica. Oggi questo territorio fa parte
del paese vicino a Kolibe, che infatti si chiama Unka. Ad Unka sono
state ritrovate antiche pietre tombali che sono sicura testimonianza
del popolamento della zona. Un altro bivacco simile si trovava dall’altra
parte del fiume Cadjavica, quasi all’altezza del suo sbocco
nella Sava.
Così si sono avuti i nomi di Kolibe Gornje (gornje
in bosniaco vuol dire “alte”) per le case che sorgevano
in collina e Kolibe Donje (basse) per quelle che sorgevano in pianura.
Col tempo infatti molte famiglie di collina si sono spostate in
pianura, cacciate (secondo alcuni racconti) da una strana malattia,
e secondo altri in cerca di una terra più fertile.
Nel 1697 in questa zona passò con la propria armata
anche Eugen Savojski (il principe Eugenio di Savoia) nella
sua sanguinosa avanzata verso Sarajevo. Il principe racconta nel
suo diario di aver varcato la Sava vicino a Vijuse e Poloji (a un’ora
di cammino da Brod) il 13 ottobre 1697. Nella successiva parte del
diario cita i paesini che incontra, ma senza mai parlare di Kolibe:
il che lascia intuire che allora ancora non esistesse un paesino
di discrete dimensioni su questo territorio. L’unico paesino
vicino citato nel diario del principe è Farhatovac (Peratovac)
vicino a Derventa.
Al ritorno da queste conquiste (culminate col rogo di Sarajevo e
quasi tutte città che incontrava) racconta che (il 5 novembre
dello stesso anno) ha varcato il ponte sulla Sava nella città
di Brod. Doveva trattarsi di un ponte mobile, visto che il primo
vero ponte tra le due città di Brod fu inaugurato nel 1884.
Comunque della città di Brod dalla parte bosniaca si parla
per la prima volta in documenti scritti da incaricati locali dell’Impero
Ottomano, che la citano col nome di Turski Brod (Nave turca).
Le successive testimonianze di Kolibe Gornje sono di nuovo pietre
tombali, ritrovate sul lato sinistro del fiume Cadjavica. La Cadjavica
è un fiume tranquillo, che solo ogni tanto inonda il territorio
circostante ed esattamente i territori di Kolibe, Unka e Zboriste.
Dopo la seconda guerra mondiale, la Cadjavica è stata tagliata
da grossi canali, diventando così un “fiume morto”.
La popolazione si è spostata sempre di più verso la
Sava e la città di Brod, cosicché l’odierno
centro di Kolibe Gornje si trova a soli 5 km dalla Sava, e a 9 km
da Bosanski Brod. Nel centro in passato c’era una moschea
di legno, che è diventata di mattoni nel 1968.
I racconti parlano di tolleranza e buoni rapporti tra i
vicini di allora: la moschea di Kolibe era stata costruita
insieme da operai musulmani e cristiani, così come i musulmani
avevano partecipato alla costruzione di chiese nei paesi vicini.
Di fronte alla moschea c’era il Mejtef (uno spazio per lo
studio della religione) che oggi non esiste più. Durante
la dominazione turca, quasi tutto il territorio era diviso in begovati,
e la popolazione locale doveva lavorare la terra per il Beg (il
capo turco). Ancor oggi a Kolibe esiste un territorio che si chiama
Begluk.
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