L’utopia
di un collegamento fluviale tra Padova e Venezia per il trasporto
e lo smistamento delle merci nasce in Veneto intorno agli
anni Sessanta. Sotto la spinta delle Camere di Commercio
delle due città, è l’ufficio del Genio Civile
lagunare ad approntare nel 1955 un primo studio
che otto anni dopo sarà alla base di una legge statale (la
n° 92 del 3 febbraio 1963) che stanzierà un finanziamento
per iniziare l’opera pubblica.
A quasi dieci anni dalla sua nascita, l’utopia
sembra diventare realtà. Il progetto continua a subire
elaborazioni: dal tracciato originale, che seguiva
il Naviglio del Brenta per sfociare in laguna all’altezza
di Fusina, si preferisce un nuovo percorso. Passando
solo un paio di chilometri più a sud di Mira, a Piazza
Vecchia, si sfocia direttamente in laguna con il canale di Dogaletto.
Procedendo via acqua sempre verso sud si incrocia subito il Porto
di Malamocco, cioè lo sbocco sull’Adriatico.
Intanto mentre si aspetta che il progetto generale
venga approvato, si decide di costituire il Consorzio
per l’idrovia Padova – Venezia. E’
il 15 novembre del 1965: alla nuova istituzione partecipano le
province e i comuni delle due città interessate con l’intento
preciso di costruire il fiume artificiale il prima possibile.
Il canale rettilineo, una specie di autostrada d’acqua tra
le due città venete, sarà lungo 27 chilometri
e largo una decina di metri.
E’ il 1968 l’anno in cui finalmente
sono appaltate le prime opere: attraversamenti
ferroviari e stradali, ponti, conche e il primo tratto di canale
proprio a partire dalla laguna veneziana fino al Taglio Nuovissimo
che dal Naviglio del Brenta va a correre accanto alla statale
Romea. Solo nove anni dopo invece inizieranno i lavori
dalla parte opposta, compresi i sei chilometri di canale
che collega la zona industriale di Padova al Brenta.
Gli anni Ottanta vedono completarsi una dopo l’altra
molte delle infrastrutture previste. Ma il canale vero
e proprio non procede, nonostante i finanziamenti da
parte dello stato e degli enti locali e la soppressione del consorzio.
Una buona parte di denaro se ne va nella manutenzione delle prime
opere costruite che spengono ormai le venti candeline. Qualcosa
di più viene fatto negli anni Novanta nella zona di Padova,
all’inizio del canale artificiale: si lavora sul porto interno
e si costruiscono banchine e approdi.
A questo punto l’utopia si
dissolve: i lavori si fermano nel 1992. L’idrovia
Padova – Venezia non sarà mai percorsa da alcuna
chiatta carica di merci
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