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"Puntare sul
musical, la scelta vincente"
“La
Compagnia della Rancia ha vissuto due fasi distinte. E, di conseguenza,
il suo rapporto con Tolentino è molto cambiato nel tempo”.
Saverio Marconi, fondatore, direttore, ma soprattutto anima della
Compagnia, si abbandona volentieri ai ricordi. “La prima fase
– racconta – è durata fino al 1988, finché
non siamo arrivati al musical.
In quel periodo abbiamo dato tantissimo alla città. Abbiamo
organizzato i primi corsi di recitazione, abbiamo fatto conoscere
a molti ragazzi il mondo del teatro, abbiamo creato nel tempo anche
diverse figure professionali”. Siamo a metà degli anni
’80. La Compagnia è poco più che un gruppo amatoriale.
L’entusiasmo è tanto, si lavora bene. E arriva il momento
di fare il grande salto.
“Nel 1988 – continua Marconi –
io e Michele Renzullo abbiamo deciso di tentare la carta del musical.
Era una mia passione da sempre e in Italia non c’era praticamente
nulla”. Il gruppo ci crede e “La piccola bottega degli
orrori” diventa un successo nazionale. Da quel momento cambia
tutto. “Eravamo un gruppo di provincia e, fino ad allora,
per noi era molto difficile riuscire a entrare nei circuiti nazionali
di distribuzione”, racconta il regista. “Il successo
del nostro primo musical, però, ci portò a essere
chiamati in tutto il Paese. Da allora l’evoluzione è
stata a catena”. |
La Compagnia rimane a
Tolentino, per quanto cominci a essere sempre più impegnata
in giro per l’Italia. Soprattutto a Milano, dove attualmente
gestisce il teatro Diners della Luna. Si viaggia tanto, ma non si
abbandona la provincia. “Non ci sono controindicazioni –
spiega Marconi – nello stare a Tolentino, anzi. C’è
tanta quiete, tranquillità. E soprattutto si rimane lontani
dagli addetti ai lavori. Nella grande città, invece, ci si
frequenta continuamente e alla fine accade che si lavora più
per dimostrare quanto si è bravi ai colleghi che per essere
apprezzati dal pubblico. E se si rimane lontani dallo spettatore,
poi i risultati deludenti si vedono al botteghino”.
Già, perché Saverio Marconi ci tiene
a sottolinearlo: lo spettacolo è, prima di tutto, un business.
E un posto non venduto non è un fondo di magazzino, riutilizzabile
in futuro, ma una perdita secca. Per questo è fondamentale
avvicinare il pubblico. Diffondendo la cultura del teatro, a partire
dalle scuole e dalle periferie. “Prendiamo ad esempio –
dice Marconi – il caso di Tolentino. Qui a teatro prima ci
andava solo l’intellighenzia, la borghesia. Oggi vengono tutti”. |
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L'uomo - Vogue
(1978) |
Sebbene romano di nascita
e tolentinate di adozione (sua madre era però di origini
locali), Saverio Marconi rimane profondamente legato a Tolentino:
“Preferisco stare qui, a casa mia. La qualità della
vita è più alta. Ci sono meno distrazioni e ostacoli
per poter lavorare in modo sano e costruttivo. A Milano ci metto
un’ora per andare da casa a teatro, qui mi bastano cinque
minuti. Quando si prova uno spettacolo questo significa ridurre
lo stress e aumentare la concentrazione. E poi, a Tolentino recupero
i rapporti umani: finito di lavorare, posso dare spazio a me stesso
e ai miei amici. A Milano, in pratica, non si stacca mai dal lavoro”. |
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Tallei
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