Siamo di fronte al reticolato: lei da un lato, Brancati
dall’altro, come immagina questo momento?
Ricco di aspettative. Sarà una grande festa, stiamo pensando
come organizzarla al meglio, forse verrà anche il presidente
della Commissione Europea Romano Prodi, ci sarà la stampa,
faremo in modo che sia un giorno importante, come tanti del passato.
Il passaggio all’Unione Europea è un momento importante
ma siamo già preparati.
Cosa intende con “siamo già preparati”,
n on crede che i cittadini potranno risentirne?
Ormai solo gli anziani hanno paura dell’Italia. Continuano
a vederla come negli anni ’70, come un grande impero economico
pronto a inglobarci. La cultura e l’economia del vostro paese
sono da sempre motivo di attrazione, ma anche di paura. Ma continuo
a credere e a cercare di far capire ai miei concittadini che anche
noi abbiamo la nostra storia: mille anni non possono essere cancellati
o annullati dalla vostra, seppur meravigliosa, storia. Le nostre
tradizioni e i nostri valori sono ormai radicati in noi e un superamento
è impensabile, magari impareremo a farli convivere con i
vostri e viceversa.
Cominciando dalla storia, non crede?
È vero, ancora si sente parlare delle Foibe e l’impressione
è che sia un tema che torna di attualità ogni volta
che siamo di fronte a un momento politico importante. C’è
sempre una parte politica che è pronta a tirare fuori il
passato per farne un uso spiacevole. Ma se abbiamo, noi e voi, commesso
degli errori, è tempo di andare avanti insieme, di superarli
e il 2004 con l’allargamento può essere il momento
ideale.
Cosa sta facendo per favorire la collaborazione fra le
due città?
Partendo dall’educazione. In Slovenia abbiamo due lingue
obbligatorie a scuola, lo sloveno e l’inglese. Questo ha sempre
comportato un rapporto diretto con i paesi centro -europei più
che con l’Italia. Cosa normale data la vicinanza con il suo
paese. La riforma, strutturata durante il mio mandato di sindaco,
prevede un primo ciclo scolastico di nove anni, in cui le famiglie
possono scegliere fra le materie facoltative anche l’italiano.
È un primo passo, che credo importante. Nova-Gorica non è
mai stata una realtà bilingue, come è invece Capo
d’Istria, ma questa riforma può aiutare i giovani a
imparare la lingua di coloro che dal primo maggio saranno dei “concittadini”.
Un’idea che dovrebbe condividere anche con il sindaco
di Gorizia?
So che anche in Italia si sta pensando qualcosa del genere, ma
c’è una differenza importante. Mentre da voi la minoranza
slovena è forte e radicata e quindi già in possesso
di strutture adeguate e specifiche, in Slovenia manca una minoranza
italiana. Questo vuole dire che ogni passo fatto verso l’italiano,
da noi è finalizzato alla nostra gente mentre in Italia chi
vuole imparare lo sloveno è quasi sempre un cittadino appartenente
alla minoranza slovena. Anche se i quotidiani colloqui con il collega
Brancati mi hanno rasserenato, secondo le sue cifre sono in aumento
le famiglie che decidono di far studiare lo sloveno ai propri figli
nelle normali scuole statali.
Cadendo il confine, cadranno anche le diffidenze?
Diamo tempo al tempo, solo il fatto di non vedere più la
rete farà sentire le due città più vicine.
Preoccupazioni?
La delinquenza. Non mi preoccupa il confine croato che è
ben controllato e da cui difficilmente posson arrivare immigrati.
È quello con l’Italia a impensierirmi. A Nova Gorica
non abbiamo una vera immigrazione. La popolazione del sud del mondo
si ferma in Italia o dall’Italia prosegue verso il centro
Europa, la caduta del confine aprirà la strada anche a queste
persone, fra cui spesso si trovano pure dei delinquenti. La nostra
è una società abbastanza benestante, ma impreparata
a fronteggiare la marea d’immigrati che caratterizza il vostro
paese. Questo un po’ mi preoccupa ma sapremo vigilare, ne
sono sicuro, e ci stiamo già preparando.
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