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Di qua e di là
 
 
 

-Vittorio Brancati
- Marco Marincic
- Mirko Brulc
- Alberto Gasparini
 
Aprile 2004
sito realizzato da
Raffaele Vitali

 

IL FUTURO DELL'ASSESSORE
"Gorizia e Nova Gorica riusciranno a superare le loro divisioni, ne sono certo. L'ospedale sarà il grimaldello dell'indifferenza, poi crescerà una sana collaborazione tra i cittadini".

Marco Marincic
Assessore alle Politche Transfrontaliere

 

Ma è vero che il confine ha tagliato in due Gorizia?

È un falso storico, ed è ora di sfatarlo se si vuole avviare una serena convivenza. La sola parte di Gorizia che è rimasta fuori dai confini è la stazione, come si può notare facilmente guardandola. La facciata è rivolta verso l’Italia e non verso Nova Gorica. Dopo la divisione è stata costruita una nuova entrata sull’altro lato, ma dal 1947 l’ingresso della stazione ferroviaria è divenuta il simbolo di questa contrapposizione. Poi ci sono due località più a nord: Salcano e S. Pietro che, da italiane, si sono ritrovate all’interno del confine sloveno. Ma in realtà nulla è cambiato anche per queste due località.

Lei fa parte della minoranza slovena ma è eletto come membro della provincia italiana. È un esempio della buona convivenza.

Il nuovo sindaco ha posto in grande rilievo i problemi della minoranza slovena in Italia. La sua elezione è avvenuta anche grazie all’appoggio degli elettori sloveni. Brancati sente molto il problema e ha promesso una migliore integrazione. La politica sembra dimostrarlo. Appena si è reso vacante questo posto, per la promozione del precedente assessore, ha pensato di affidarlo a un italo-sloveno. Gli affari comunitari e transfrontalieri, nonché le politiche linguistiche, mi permettono d’interagire con le due comunità e di formulare progetti per creare condivisione.

Quali le idee di pronta realizzazione?

Innanzitutto l’ospedale specialistico, ché possa divenire motore d’integrazione. Poi la scuola, centro di aggregazione per eccellenza. Infine i centri culturali. È importante notare che negli ultimi anni numerosi centri di cultura sloveni hanno aperto in Italia. E non solo a Gorizia, anche nella zona triestina. È l’inizio di una positiva contaminazione linguistica. C’è un limite di fondo: gli sloveni sanno l’italiano, dalla televisione o all’interno delle scuole dove viene insegnato, gli italiani invece lo sloveno l’hanno sempre snobbato; giusto quel poco che serve per commerciare e niente più. Ora, anche a livello provinciale, stiamo provando a cambiare le cose.

Il primo maggio anche lei sarà in piazza?

Senza dubbio, anche se resto convinto della poco utilità del gesto. Abbattere quale tratto di confine davanti alla stazione sarà simbolicamente forte ma poi per la gente, fino all’ingresso della Slovenia in Schengen, non cambierà molto. Allora mi chiedo perché, a parte l’atto simbolico, non si è pensato di rendere il confine più permeabile. Ampliamo il limite di passaggio ai valichi minori, che oggi hanno gli stessi orari di venti anni fa, ovvero puoi passare dalle 8 alle 19. Chiusi questi, per la sera rimangono solo tre confini tra Gorizia e Trieste. Questo non facilità il movimento, non facilita lo scambio umano. Sono piccoli passi, ma vanno affrontati.

Come?

Sono diversi i modi. Innanzitutto i due comuni devono trovarsi concordi e poi bisogna rivolgersi alle istituzioni europee che controllano questo settore. Cercare un compromesso, dimostrare che il nostro confine è poco più di una rete, che non stiamo parlando di un angolo di mondo fatto di contrabbandieri e fulcro dell’immigrazione clandestina. Almeno oggi, non è più così.

Gorizia perderà la sua centralità?

Il rischio c’è, ma questa città ha una fortuna: è il centro di una bioregione, quella che si sviluppa attorno al bacino dell’Isonzo. Se prima era il cuore dello stato per la sua posizione di vedetta verso oriente, e per questo ha goduto per cinquant’anni di finanziamenti ingenti e spesso mal fruttati, oggi deve rendersi indispensabile come ponte verso il nuovo che avanza, verso quei paesi che da lontani avversari si sono trasformati in alleati. Il commercio deve tornare a essere il fulcro di Gorizia. Si deve uscire dall’impasse in cui si è adagiata e che ha permesso lo svilupparsi delle imprese slovene senza battere un colpo.

Ma anche Nova Gorica rischia qualcosa?

Credo meno, perché già normalmente è isolata rispetto alle politiche del governo centrale di Lubiana. Caduto Tito che finanziava la città–vetrina contro l’occidente, l’indipendente Slovenia si è concentrata su Capo D’Istria. Il mare e la tumultuosa storia di quella zona hanno motivato gli ingenti investimenti che invece non hanno interessato l’alto Colio.
Le due città devono comprendere che possono diventare il fulcro di una euroregione: quel centro orientale che inevitabilmente si verrà a creare, lontano dalla vecchia Europa.

Come assessore alle politiche transfrontaliere che aspettative ha?

Mi aspetto più bilinguismo, che ancora sembra una parolaccia, più incontri culturali, l’aumento dei posti di lavoro, anche se non a breve termine. Mi aspetto che gli sloveni vengano censiti, per capire e far capire ai goriziani che no sono un’insulsa minoranza. Temo l’aumento della delinquenza che gira inevitabilmente attorno ai casinò di Nova Gorica, droga, macchine rubate e sfruttamento della prostituzione. Ma sono tutti sentimenti che passeranno in secondo piano quando arriverà l’unità di un territorio fratello, che é identico da una parte e all’altra del confine e che si riunirà dopo ben 50 anni.