Ma è vero che il confine ha tagliato in due Gorizia?
È un falso storico, ed è ora di sfatarlo se si vuole
avviare una serena convivenza. La sola parte di Gorizia che è
rimasta fuori dai confini è la stazione, come si può
notare facilmente guardandola. La facciata è rivolta verso
l’Italia e non verso Nova Gorica. Dopo la divisione è
stata costruita una nuova entrata sull’altro lato, ma dal
1947 l’ingresso della stazione ferroviaria è divenuta
il simbolo di questa contrapposizione. Poi ci sono due località
più a nord: Salcano e S. Pietro che, da italiane, si sono
ritrovate all’interno del confine sloveno. Ma in realtà
nulla è cambiato anche per queste due località.
Lei fa parte della minoranza slovena ma è eletto
come membro della provincia italiana. È un esempio della
buona convivenza.
Il nuovo sindaco ha posto in grande rilievo i problemi della minoranza
slovena in Italia. La sua elezione è avvenuta anche grazie
all’appoggio degli elettori sloveni. Brancati sente molto
il problema e ha promesso una migliore integrazione. La politica
sembra dimostrarlo. Appena si è reso vacante questo posto,
per la promozione del precedente assessore, ha pensato di affidarlo
a un italo-sloveno. Gli affari comunitari e transfrontalieri, nonché
le politiche linguistiche, mi permettono d’interagire con
le due comunità e di formulare progetti per creare condivisione.
Quali le idee di pronta realizzazione?
Innanzitutto l’ospedale specialistico, ché possa divenire
motore d’integrazione. Poi la scuola, centro di aggregazione
per eccellenza. Infine i centri culturali. È importante notare
che negli ultimi anni numerosi centri di cultura sloveni hanno aperto
in Italia. E non solo a Gorizia, anche nella zona triestina. È
l’inizio di una positiva contaminazione linguistica. C’è
un limite di fondo: gli sloveni sanno l’italiano, dalla televisione
o all’interno delle scuole dove viene insegnato, gli italiani
invece lo sloveno l’hanno sempre snobbato; giusto quel poco
che serve per commerciare e niente più. Ora, anche a livello
provinciale, stiamo provando a cambiare le cose.
Il primo maggio anche lei sarà in piazza?
Senza dubbio, anche se resto convinto della poco utilità
del gesto. Abbattere quale tratto di confine davanti alla stazione
sarà simbolicamente forte ma poi per la gente, fino all’ingresso
della Slovenia in Schengen, non cambierà molto. Allora mi
chiedo perché, a parte l’atto simbolico, non si è
pensato di rendere il confine più permeabile. Ampliamo il
limite di passaggio ai valichi minori, che oggi hanno gli stessi
orari di venti anni fa, ovvero puoi passare dalle 8 alle 19. Chiusi
questi, per la sera rimangono solo tre confini tra Gorizia e Trieste.
Questo non facilità il movimento, non facilita lo scambio
umano. Sono piccoli passi, ma vanno affrontati.
Come?
Sono diversi i modi. Innanzitutto i due comuni devono trovarsi
concordi e poi bisogna rivolgersi alle istituzioni europee che controllano
questo settore. Cercare un compromesso, dimostrare che il nostro
confine è poco più di una rete, che non stiamo parlando
di un angolo di mondo fatto di contrabbandieri e fulcro dell’immigrazione
clandestina. Almeno oggi, non è più così.
Gorizia perderà la sua centralità?
Il rischio c’è, ma questa città ha una fortuna:
è il centro di una bioregione, quella che si sviluppa attorno
al bacino dell’Isonzo. Se prima era il cuore dello stato per
la sua posizione di vedetta verso oriente, e per questo ha goduto
per cinquant’anni di finanziamenti ingenti e spesso mal fruttati,
oggi deve rendersi indispensabile come ponte verso il nuovo che
avanza, verso quei paesi che da lontani avversari si sono trasformati
in alleati. Il commercio deve tornare a essere il fulcro di Gorizia.
Si deve uscire dall’impasse in cui si è adagiata e
che ha permesso lo svilupparsi delle imprese slovene senza battere
un colpo.
Ma anche Nova Gorica rischia qualcosa?
Credo meno, perché già normalmente è isolata
rispetto alle politiche del governo centrale di Lubiana. Caduto
Tito che finanziava la città–vetrina contro l’occidente,
l’indipendente Slovenia si è concentrata su Capo D’Istria.
Il mare e la tumultuosa storia di quella zona hanno motivato gli
ingenti investimenti che invece non hanno interessato l’alto
Colio.
Le due città devono comprendere che possono diventare il
fulcro di una euroregione: quel centro orientale che inevitabilmente
si verrà a creare, lontano dalla vecchia Europa.
Come assessore alle politiche transfrontaliere che aspettative
ha?
Mi aspetto più bilinguismo, che ancora sembra una parolaccia,
più incontri culturali, l’aumento dei posti di lavoro,
anche se non a breve termine. Mi aspetto che gli sloveni vengano
censiti, per capire e far capire ai goriziani che no sono un’insulsa
minoranza. Temo l’aumento della delinquenza che gira inevitabilmente
attorno ai casinò di Nova Gorica, droga, macchine rubate
e sfruttamento della prostituzione. Ma sono tutti sentimenti che
passeranno in secondo piano quando arriverà l’unità
di un territorio fratello, che é identico da una parte e
all’altra del confine e che si riunirà dopo ben 50
anni.
|