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Di qua e di là
 
 
 

-Vittorio Brancati
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- Alberto Gasparini
 
Aprile 2004
sito realizzato da
Raffaele Vitali

 

IL SOGNO DEL PROFESSORE
"L’Italia è da sempre un vicino scomodo e lo dimostra lo scarso interesse verso la nostra lingua fino a pochi anni fa. La priorità è sempre stata data all’Austria o alla Germania. bisogna dare fiducia all'università".

Alberto Gasparini
Direttore Isig

 

Professor Gasparini, cinquant’anni fa si alzava un muro fra le due città, come hanno vissuto le popolazioni questa situazione?

Per gli sloveni, fin dal primo momento la divisione è stata considerata una rapina. Basta leggere i loro libri di storia quando parlano della fine della seconda guerra mondiale. Ma anche gli italiani non hanno mai compreso il motivo di questa divisione, del separare un territorio che in ogni aspetto è uguale da una parte e dall’altra. Nuova Gorica è nata come contrapposizione alla città italiana, già forte e radicata sul territorio. Che fossero tutt’uno lo dimostra la facciata della stazione del treno la Transalpina che, come si nota, è rivolta verso Gorizia, anche se - dopo l’erezione del confine - fa parte della Slovenia. È il simbolo di questa situazione una struttura nata per un territorio che poi è stata svilita e annientata da una divisione fatta sulla cartina geografica.

Divisione che da geografica è divenuta anche culturale e sociale.

Indubbiamente. Gli anziani hanno radicato nella loro cultura l’idea che l’italiano sia un usurpatore e hanno imposto ai giovani quest’immagine. Ancora oggi lo scambio fra le diverse generazioni è più a livello di servizi e utilizzo del tempo libero che a livello culturale e di dialogo. Sono ancora molti gli stereotipi fra le due città. Per lo sloveno l’italiano è inaffidabile e chiacchierone, viceversa per l’italiano lo sloveno è uno ‘zuccone’ che cede solo se gli si lascia avere ragione. Bisogna migliorare la conoscenza reciproca. Ci stanno provando, con buoni risultati, i responsabili della minoranza slovena in Italia.

A livello economico la situazione è però differente…

In parte. Rimane un profondo distacco fra le due comunità. L’Italia è da sempre un vicino scomodo e lo dimostra lo scarso interesse verso la nostra lingua fino a pochi anni fa. La priorità è sempre stata data all’Austria o alla Germania, chissà forse anche per ragioni di ceppo linguistico, ma sicuramente per interessi governativi. Dal 1991, con l’indipendenza ottenuta dalla Jugoslavia, la Slovenia ha dovuto cambiare le sue regole socio economiche. Le aziende sono cambiate e dalle grandi strutture, le aziende comuniste e totalizzanti, si sono sviluppate le piccole imprese, e si sono aperte alle regole del mercato. Il posto di lavoro è legato alla produttività e all’utilità, non solo alla capacità di lavorare. Questo ha comportato un aumento della disoccupazione e dei prezzi. Ma Nova Gorica ha comunque saputo reagire.

Collaborando con l’Italia magari…

Il rapporto economico è molto forte. La domanda di lavoratori sloveni è costante: muratori, donne di servizio e badanti. Dal 1991 con l’indipendenza e la facilitazione nel passaggio del confine, sono aumentati i lavoratori transfrontalieri. Lavorare in Italia significa avere un ammortizzatore per i momenti di difficoltà. Il passaggio dall’economia comunista a quella di mercato ha portato il calo degli stipendi e l’aumento del costo della vita. Un posto in Italia significava soldi facili e una pensione in futuro.

Il confine produceva denaro, quindi.

Il vantaggio per questa zona consisteva nella “rendita di posizione”. Ovvero Tito finanziava solo per mantenere attivo e vivo il suo confine comunista. Con il crollo degli anni novanta è cambiato questo aspetto. Ma anche nell’area italiana. Solo a Villa Vicentina, dove risiedevano mille persone, c’erano cinquemila militari. Durante gli anni della guerra fredda il 60 per cento delle forze armate era stanziato a Gorizia o comunque sul Carso.

Come superare la fine del confine e quindi di tutti i suoi vantaggi?

Dal primo maggio non si fermerà più nessuno, quindi bisognerà riciclare le strutture, renderle attraenti e utili. Dovremo imparar a cooperare. Ecco, la “cooperazione transfrontaliera” sarà determinante. Attraverso progetti comuni si riusciranno a ridurre i costi di gestione di molte strutture e questo permetterà di sopperire al calo delle entrate legate al confine. L’idea è di progettare un ospedale unico e comune, che possa diventare un fiore all’occhiello della regione. È assurdo che se mi rompo una caviglia debba andare a farmi curare in Slovenia, mentre se serve una tac sono loro a venire in Italia. Dall’ospedale all’aeroporto. È in cantiere, anche se solo mentale, il progetto di costruire uno scalo comune che possa attrarre il turista e non tagliarci fuori dall’asse orientale, che non può fermarsi solo a Trieste.

Un ruolo lo assumerà anche l’università?

L’apertura internazionale delle strutture universitarie è fondamentale. Per fare questo bisogna però radicarla sul territorio, invece sia Gorizia che Nova Gorica sono a loro modo dipendenti. Il paradosso è che anche in questo settore la città slovena si sente sfruttata. Lubiana ha preferito puntare sull’asse litorale concentrando investimenti e risorse su capo D’Istria questo ha significato per Nova Gorica uno stallo e un allontanamento dai progetti europei nazionali. Noi abbiamo proposto una collaborazione alla piccola università slovena ma mentre dai Balcani Belgrado ha risposto con entusiasmo all’ipotetico asse con Italia, Francia e Germania, Lubiana ha nicchiato e di conseguenza Nova Gorica. Per non perder i finanziamenti europei per il progetto di collaborazione abbiamo deciso di procedere senza di loro. È un peccato ma è stata una scelta obbligata che certo non è un buon esempio di collaborazione transfrontaliera, che tra l’altro all’Isig insegniamo e favoriamo.

Problemi tecnici che si apriranno?

La casa. Dal 2004 potrebbero cambiare le politiche di assegnazione delle case comunali. Gli sloveni potranno partecipare ai bandi di assegnazione e avendo spesso il reddito più basso saranno favoriti. L’Ater ( azienda territoriale edilizia residenziale) si troverà costretto ad assegnare i nuovi spazi agli sloveni. Non che sia un problema, ma potrebbe accelerare il pericolo che spaventa ancora molti goriziani: la slavizzazione.