Alcune case cantoniere dell'Emilia Romagna (e non solo) sono finite
al centro di fatti di cronaca riportati dai media della regione.
Ad esempio nel 2005
la casa cantoniera di villa Cadè (in provincia di Reggio
Emilia) è stata occupata da tre famiglie di tunisini con
l’aiuto di una quarantina di ragazzi del centro sociale Aq16
e il sostegno di alcuni politici locali dei Verdi e di Rifondazione
Comunista. Immancabili gli striscioni fuori dall’immobile,
tra cui un enorme “La casa è un diritto per tutti e
per tutte”.
“Chiediamo solo - aveva detto Lorenzo
Imberti, un ragazzo di Aq16 - che qualsiasi cosa succeda, avvenga
senza l’uso della forza perchè in caso contrario non
mancherà da parte nostra una resistenza passiva. Ci incateneremo
e ci faremo trascinare via”.
ANAS, proprietario dell’immobile sfitto
da parecchi anni, ha reagito inviando un dirigente in questura a
denunciare il reato di occupazione abusiva. Non solo: qualche giorno
dopo al fabbricato è stata tagliata luce e acqua, e così
gli occupanti si sono ritrovati al buio e senza possibilità
di lavarsi. L’eco della vicenda è arrivato fino a Roma,
al punto che il leghista Federico Bricolo, sottosegretario al Ministero
delle Infrastrutture, ha inviato due lettere alla direzione generale
di Roma dell’ANAS e a quella compartimentale di Bologna per
sapere quali iniziative intendesse intraprendere il proprietario
dell’immobile. Quest’ultimo infatti per legge è
il soggetto che deve chiedere l’avvio delle procedure di sgombero.
Ma nonostante la denuncia, due famiglie - di
cui una composta da una giovane madre e due figli piccoli - nel
gennaio 2010 si trovavano ancora dentro alla casa cantoniera. I
componenti del collettivo Sottotetto si sono opposti allo sgombero
dell’immobile da parte degli agenti della questura. I giovani
del collettivo hanno poi illustrato la propria versione dei fatti:
“I sei agenti che sono intervenuti hanno aperto la porta con
la forza e dopo aver intimorito gli abitanti, hanno portato in questura
una persona e sequestrato i documenti di tutti. Al nostro arrivo
gli agenti hanno cambiato più volte versione in merito alle
motivazioni della loro presenza”.
La faccenda è tutt’atro che conclusa:
gli immigrati tuttora occupano il fabbricato di villa Cadè
e lo sfratto è stato prorogato fino al 22 febbraio. E ovviamente
gli attivisti hanno già annunciato un nuovo appuntamento
per impedire lo sgombero quando diventerà esecutivo.
Altro caso degno di nota è quello di Parma: nel 2007 la giunta
provinciale ha dato in comodato d’uso gratuito la casa cantoniera
in Via Mantova all’associazione Senza Frontiere, nata per
facilitare l’integrazione degli immigrati più poveri.
L’edificio, inutilizzato da tempo, è stato destinato
a uno spazio pubblico dove incontrarsi e discutere riguardo a pluralismo
e diversità culturale. La giunta ha stabilito di contribuire
al progetto con un assegno una tantum di circa 10 mila euro. L’idea
di amministrazione e attivisti è di ristrutturare la casa
cantoniera e di trasformare l’area adiacente in un parco pubblico
aperto agli abitanti del quartiere. Nella rimessa, che prima era
utilizzata da ANAS come magazzino per la segnaletica stradale, oggi
sorge un centro sociale autogestito.
In 5 anni di attività nell’immobile
è stato fatto di tutto: mostre fotografiche, cineforum, concerti,
corsi di hip-hop, presentazioni di libri, domeniche in festa, incontri
sulla pillola abortiva RU486 e spettacoli teatrali. E’ stato
aperto anche un blog dove trovare il cartellone di eventi e iniziative
in programma.
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