“Acqua azzurra, acqua chiara, con le mani posso finalmente bere” cantava nel 1969 Lucio Battisti, uno dei cittadini più illustri della provincia di Rieti. Un territorio poco conosciuto, ma caratterizzato da un’eccezionale varietà e quantità di fiumi, laghi e torrenti. Una ricchezza inestimabile che l’uomo ha sempre cercato di sfruttare, modificando il paesaggio.
Cotilia: un’acqua davvero azzurra
Già ai tempi dei Romani erano note le proprietà benefiche delle acque di Cotilia, particolarmente ricche di zolfo. L’idea di un primo impianto termale nella zona fu dell’imperatore Vespasiano che nel I secolo dopo Cristo fece costruire tre enormi piscine, le cui strutture sono ancora visitabili. A un centinaio di metri, lungo la via Salaria, vicino al cartello “Benvenuti alle Terme” esiste ancora il lago carsico alimentato naturalmente dall’acqua solfurea, che si nota per il suo azzurro intenso. Non è più possibile farci il bagno perché la concentrazione di zolfo è stata giudicata troppo alta. Pare che proprio il capostipite della gens Flavia sia morto per i troppi bagni “solfurei”.
Il Velino nel Nera: la Cascata delle Marmore
Nasce e attraversa gran parte della provincia di Rieti il fiume Velino, che gettandosi nel Nera, nei pressi di Terni, forma le cascate delle Marmore, fra le più alte d’Europa: un salto di 165 metri, su tre livelli. Soltanto nel 1787 l’architetto Andrea Vici operò direttamente sui balzi della cascata, dandole l’aspetto attuale e risolvendo finalmente la maggior parte dei problemi derivanti dalle piene dei due corsi d’acqua. In concomitanza delle piene del Velino, l’enorme quantità d’acqua trasportata dal Nera minacciava direttamente il centro abitato di Terni. Questo fu motivo di contenzioso con la città di Rieti, tanto che nel 54 a.C. si giunse a porre la questione direttamente al Senato Romano: Rieti era rappresentata da Cicerone, Terni da Aulo Pompeo. Soltanto nel XIX secolo s’iniziò a sfruttare la cascata per la produzione energetica.
Le sorgenti del Peschiera
Il primo progetto è datato 1908, ma la costruzione del complesso acquedottistico del Peschiera iniziò negli anni Trenta: 86 km di tubi , vasche e impianti che trasportano l’acqua dalla provincia di Rieti fino a Roma. Nel 1926 la capitale ottenne la prima concessione per lo sfruttamento delle sorgenti, da cui inizialmente avrebbe captato fino a 5m3/s. Il progetto sin dalle fasi iniziali prevedeva la costruzione di due rami/ tunnel: quello superiore, tra le sorgenti del Peschiera ed il Comune di Salisano ed una sezione successiva tra Salisano e Roma (ramo inferiore) passante sulla riva destra del Tevere. Fu subito chiaro, però, che la capitale avrebbe avuto bisogno di una maggiore quantità di acqua e così si ideò un altro ramo della sezione inferiore, che passasse sulla riva sinistra del Tevere. Vicino alla centrale c’è un monumento che ricorda gli operai morti durante la costruzione dell’impianto
Le Dighe del Salto e del Turano
Nello stesso periodo, dopo la bonifica della conca reatina, furono realizzate altre due opere d’ingegneria idraulica che modificarono profondamente questo territorio. Nel 1935, bloccando il corso del fiume Salto, fu costruito un grande bacino artificiale, a 500 metri sul livello del mare, le cui acque alimentano la centrale elettrica di Cotilia.
Il Salto, tramite una condotta lunga 9 km, riceve l’acqua di un secondo lago artificiale, il Turano. La diga che blocca il corso del diga che blocca il corso del fiume omonimo, eretta nel 1939, forma un grande bacino con un invaso utile capace di 150.000.000 mc che ha ricoperto un’area vasta oltre 500 ettari di prati, campi coltivati, boschi e zone abitate. Migliaia di contadini assistettero all’inondazione definitiva delle loro terre.