Ciccio e Enza Ienna Padre e figlia sono stati tra i primi a mettere piede nella città ricostruita dopo il terremoto del 1968. Enza ha 31 anni ed è laureata in Conservazione dei beni culturali. Ha vissuto a Milano per lavoro ma aveva nostalgia della sua città e ha deciso di tornare a Gibellina. Secondo lei un progetto urbano come quello di Gibellina è totalmente inadatto a un paesino del Belice. Ciccio Ienna ha 71 anni ed è un ferroviere in pensione.Nonostante viva da 25 anni nella nuova città dice di sentirsi un “ospite”.
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Antonietta Verde e Daniele Balsamo. Madre e figlio hanno percepito il trauma del passaggio alla nuova città. Antonietta Verde ha 78 anni ed è un’insegnante in pensione. E’ tornata a Gibellina vecchia dopo aver vissuto per alcuni anni in Tunisia. La città ricostruita non le piace. “Qui non si respira il calore umano”, spiega. Il figlio, Daniele, insegnante quarantenne, è nato nelle baraccopoli ma è cresciuto tra i racconti della vecchia città. E’ innamorato di Gibellina Nuova e vorrebbe che fosse più valorizzata.
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Maria Verde e Gioacchino De Simone A casa De Simone il confronto tra le due generazioni oscilla tra critiche e speranze. La madre, bibliotecaria di 62 anni, è molto polemica: la nuova città, secondo lei, ha stravolto le abitudini della popolazione. Il figlio, Gioacchino, architetto di 37 anni, critica i modelli urbanistici e edilizi usati per la ricostruzione ma riconosce nella sua città un potenziale artistico da valorizzare.
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Michele e Nino Plaia Il punto di vista di padre e figlio è leggermente fuori dal coro. Entrambi ammettono che la nuova città ha provocato una perdita in termini di tradizioni e abitudini ma apprezzano il nuovo modello urbano. Il padre, Michele, ex agricoltore di 75 anni, ha sostenuto i progetti del sindaco Ludovico Corrao ed è stato tra i fautori di una città moderna e diversa da quella distrutta dal terremoto. Il figlio Nino, ragioniere di 44 anni, riconosce i difetti della nuova città ma preferisce concentrarsi sulle sue potenzialità.
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