Come funziona il diritto d’asilo in Italia
Pubblicato il 20/04/2014
Secondo l’Unhcr in Italia sono presenti 47.000 rifugiati. Sono persone che fuggono da persecuzioni, torture o guerre. Una volta arrivate nel nostro Paese, devono presentare domanda di protezione alla Polizia di frontiera alla Questura.
Nel frattempo, sono accolti in strutture temporanee. Spesso sono tendopoli, stabili industriali o hangar del porto. La richiesta sarà, poi, verbalizzata attraverso un modello, detto C3, che contiene informazioni di carattere anagrafico e qualche domanda sulle cause che hanno spinto il richiedente ad allontanarsi dal proprio Paese. Entro trenta giorno gli verrà consegnato un permesso di soggiorno per richiesta asilo. Entrerà così di diritto nel sistema di accoglienza italiano, come stabilisce il decreto n. 140 del 30 maggio 2005 che obbliga l’Italia ad accogliere migranti entro 8 giorni dall’ingresso.
Ha inizio così un’odissea che può durare anni: dalle strutture temporanee sarà trasferito nei centri d’accoglienza. Lì attenderà altri mesi prima di entrare in un Cara, centro accoglienza richiedenti asilo. L’attesa è dovuta al fatto che la maggior parte dei centri sono sovraffollati.
I Cara sono stati istituiti nel 2008 con il decreto legislativo n.25. Sono 11 in tutta Italia e accolgono i richiedenti protezione internazionale che devono ancora essere identificati, i richiedenti asilo che hanno tentato di attraversare illegalmente la frontiera, i richiedenti asilo che sono stati fermati senza documenti. Nel primo caso i migranti devono restare nella struttura il tempo necessario alla loro identificazione, non più di 20 giorni. Negli altri due casi, la permanenza non può superare i 35 giorni. In realtà rimangono lì finché non vengono ascoltati dalla Commissione territoriale che deve decidere se accogliere o meno la loro richiesta.
Viene riconosciuto lo status di rifugiato a chi nel proprio Paese è vittima di persecuzione personale. Per tutti gli altri richiedenti asilo che tornando in patria rischiano un danno grave come la condanna a morte, la tortura o la propria vita in caso di guerra, viene concessa la protezione sussidiaria o protezione umanitaria . La Commissione dovrebbe convocare il migrante entro 30 giorni dalla richiesta e la decisione dovrebbe essere presa nei tre giorni successivi, invece possono passare dai sei mesi fino ai due anni. In caso di esito negativo per restare in Italia è necessario fare ricorso presso il Tribunale ordinario.
Il richiedente asilo non può lavorare nei primi sei mesi di ingresso nel nostro Paese. Dopo, se non è ancora stato ascoltato dalla Commissione, ha diritto a un permesso per 6 mesi che gli consente di accedere al mondo del lavoro, anche se pochi assumono migranti con documenti provvisori.
Il richiedente asilo dopo il Cara entra finalmente nella seconda accoglienza: lo Sprar, dove potrà restare per sei mesi, rinnovabili per altri sei. Lì avrà la possibilità di studiare, seguire corsi di formazione al lavoro e abitare in una vera casa. Terminato il percorso di accoglienza, dovrebbe aver trovato un lavoro ed essere autosufficiente. Secondo i dati del Servizio centrale dello Sprar, nel 2012 solo il 38% degli accolti ha trovato una occupazione.
Nel 2012, le Commissioni territoriali hanno esaminato 29.969 domande. Al 21,8% dei richiedenti, 6.545 persone, è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale; in particolare, lo status di rifugiato è stato concesso a 2.048 stranieri (6,8%), la protezione sussidiaria è stata accordata a 4.497 stranieri (il 15%). Il 51,6%, (15.486 persone) hanno ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari. In totale l’esito positivo delle domande è stato del 73,5%. Gli irreperibili (1.196, pari al 4%), se sommati a coloro a cui non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione (5.259 pari al 17,5%) rappresentano oltre il 21,5% del totale delle istanze presentate.
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