"Gorgona?
Un ricordo in agrodolce"
|
"Lavorando
mi sentivo più vivo"
|
Per
Antonio (il nome è di fantasia), Gorgona è il passato. Da giugno
2001 ha ottenuto l'affidamento e vive nella casa d'accoglienza di padre
Davide alle porte di Livorno. Lavora per la cooperativa "le Arti" e aspetta
di concludere il suo periodo di pena.
Antonio
è siciliano, ha trentun anni e si sta laureando in Agraria. Ha profondi
occhi scuri e voglia di raccontare i suoi anni sull'isola-carcere. Ha
vissuto a Gorgona per circa quattro anni, dopo avere sperimentato altri
istituti italiani. "Gorgona - dice - è una piccola città messa su un'isola,
ci sono tutti i mestieri". Antonio si è occupato del mulino, per preparare
il mangime degli animali, poi ha lavorato nei campi e quando poteva ha
sempre aiutato con gli animali, per esempio per la tosatura delle pecore
o la castrazione dei maiali. Racconta la sua esperienza a Gorgona con
la lucidità di chi è lontano da un po' da quello di cui parla.
Come è
arrivato a Gorgona?
Ero in un altro istituto e non conoscevo Gorgona, perché questa è la mia
prima esperienza carceraria e spero anche l'ultima. Ma altri me ne avevano
parlato e così ho chiesto di andarci perché è un carcere "comodo", non
è chiuso e non si ozia dal mattino alla sera. Gorgona offriva possibilità
di lavoro e di movimento quindi ho chiesto di andarci.
Così si
è allontanato da casa però...
Sì,
ma ne è valsa la pena. Io godevo dei permessi già prima di Gorgona e quindi
andavo a casa dai miei genitori ogni due o tre mesi e in più loro venivano
a trovarmi. Andando a Gorgona loro non sono più venuti settimanalmente
a trovarmi, ma io ho continuato ad avere i permesssi ogni due o tre mesi.
Quindi a me è andata ancora meglio che ad altri che non hanno i permessi.
Quali
sono i lati positivi di Gorgona?
Sono tanti. Innanzitutto per quanto riguarda la vita del detenuto è sicuramente
molto positiva. Quando vivi in un carcere chiuso non fai che oziare, anche
se lavori qualche oretta alla settimana, sei sempre tra il primo piano,
le scale e il pianterreno. Invece Gorgona è tutt'altra realtà, dovendo
lavorare sei libero sull'isola. Hai più libertà di movimento, più svago,
possibilità di stare all'aria aperta e insomma è un altro sistema
Quindi
è un paradiso?
No, ci sono anche i lati negativi ovviamente. I più evidenti sono quelli
che caratterizzano ogni isola, a maggior ragione per noi che siamo detenuti.
Per esempio la limitata possibilità per i familiari di venire in visita.
Se il mare quel giorno non lo permette l'incontro salta di una settimana.
Un altro limite sono le richieste. Se chiedi qualcosa, se devi comprare
qualcosa, ovviamente i tempi sono molto più lunghi rispetto ai carceri
normali. Poi ci sono i problemi legati al lavoro. Spesso io, avendo esperienza
nel settore, davo dei suggerimenti, ma la maggior parte delle volte non
venivo ascoltato e si faceva come volevano loro. Io ero un detenuto no?
Cosa differenzia
Gorgona da un carcere chiuso?
Non c'è lo schema "guardia che chiude il detenuto" e quindi
ti senti libero. Ti senti un'altra persona. Anche dentro te stesso, perché
ti impegni in un lavoro, almeno io l'ho vissuto in questo modo. Lavorando
mi sentivo più vivo. Nei carceri chiusi il lavoro possibile è comunque
limitato, non puoi fare altro che le pulizie nei corridoi e nelle scale
o smistare la spesa. Non vai avanti, diventi schematizzato anche nel lavoro
e lo sei già come condizione di vita carceraria. Invece Gorgona ti offre
diverse possibilità. Puoi fare il meccanico, il fabbro, l'elettricista,
l'agricoltore, il veterinario. E avendo persone competenti vicine impari.
Ha imparato
un mestiere?
Io avevo già esperienza nell'agricoltura, quindi diciamo che ho continuato
il mio mestiere. E anche questo è già molto. In più ho imparato a usare
i mezzi pesanti, le ruspe, gli escavatori. Mi è stato utile, ora lavoro
con questi strumenti, infatti. Quindi posso dire di avere imparato un
lavoro nuovo.
Si sentiva
libero?
Diciamo che in un certo senso avevo una vita autonoma. Io ero "sconsegnato",
quindi avevo un piccolo appartamento. Ovviamente bisognava rispettare
le regole che c'erano nell'istituto, non si poteva transigere anzi noi
che avevamo questa libertà dovevamo rispettare le regole ancora di più
in confronto ad altri.
Con che
spirito lavorano i detenuti a Gorgona?
Chi va in Gorgona è perché vuole lavorare. Lo si fa per andare a lavorare,
per scappare dall'oppressione del sistema carcerario che lì è molto
meno teso. Anche chi la sera torna in sezione a dormire, dopo una giornata
di libertà, non vive la cella come tale. Di giorno hai lavorato e sei
stato libero, la notte sei stanco.
Quale
ricordo le ha lasciato?
E' sempre un luogo d'espiazione, naturalmente. Non posso dire che sia
stata una vacanza. Però facendo il confronto con gli altri istituti, Gorgona
è un ricordo positivo.
Cosa farà
una volta scontata la pena?
Tornerò a casa, in Sicilia.
(torna
all'inizio)
(Torna
alla Home)
Pubblicazione:
maggio 2002
|