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«Anche il sacrista era detenuto»
Giacomo viveva tra i carcerati e non aveva paura

"Era normale, per me bambino, - dice Giacomo - avere a che fare con i detenuti. L’idea che facessero quasi una vita normale era accettata da tutti. Il fatto che il sacrista, che lavorava in biblioteca e dava i libri a noi ragazzi, fosse un detenuto non ci faceva nessun effetto".

Carcerati calzolai
Detenuti al lavoro come calzolai. In fondo, una guardia in piedi li sorveglia

"D’altronde i carcerati che vivevano praticamente liberi erano quelli più affidabili e innocui. Così a loro veniva consentito di fare un po’ tutti mestieri che erano necessari per la comunità: facevano i sarti, i fabbri, gli agricoltori. Di giorno erano sorvegliati poco, di notte invece dovevano tornare al carcere, dove si faceva la conta per avere la certezza che nessuno fosse scappato, e lì dormivano".

Carcerati agricoltori
La maggior parte dei carcerati era impiegata per la coltivazione della terra

C’era un solo posto dove Giacomo non poteva andare. Tumbarino. È il nome di una diramazione del carcere, che si trovava a Nord ovest dell’isola. Lì venivano rinchiusi i veri nemici dei bambini, i pedofili, gli unici dai quali la comunità di quel tempo si teneva a distanza. Era la sola categoria, assieme a quella dei detenuti più pericolosi e violenti, che doveva essere isolata e alla quale non si consentiva una vita “libera”.

 

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