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«Il gelato è arrivato nel '46»
Un'infanzia con pochi compagni e molta libertà

Fascisti all'Asinara
Fascisti davanti all'ossario dell'Asinara

“Durante la seconda guerra mondiale - racconta Giacomo - arrivarono i tedeschi, insieme agli americani e agli inglesi. Gli inglesi e gli americani si erano stabiliti a Punta Scomunica (la punta più a nord dell’isola). I tedeschi erano venuti a Cala d’Oliva (dove Giacomo viveva), dove occuparono un forno, facendolo diventare la loro sede, e costruirono un fortino.

“La cosa che mi colpì allora e che ancora ricordo bene era l’odore di carburante. Non eravamo abituati a sentirlo, era la prima volta. Così quando nell’aria c’era quel puzzo, noi capivamo che stavano arrivando i tedeschi”. Giacomo Cabras ricorda bene questi uomini in divisa che parlavano straniero, e ricorda anche che non gli stavano tanto simpatici. “Spesso lanciavano le caramelle ai bambini, dalle loro macchine, e tutti i miei amici andavano a raccoglierle. Io no, perché vedevo i tedeschi che ridevano, sembrava quasi che ci prendessero in giro”.

E c’era un’altra persona con la quale Giacomo non andava d’accordo. Era il sacerdote, che era solito picchiare tutti i figli degli agenti con un righello, senza nessun motivo o con la presunta giustificazione di usare un metodo educativo. Dovette correre per i campi e ricevere schiaffi e pugni, una volta che rubò quel righello e un compagno fece la spia.

La classe di Giacomo
La classe di Giacomo. Lui è il bambino in piedi a destra

“Eravamo pochi bambini a dover fare le elementari (per frequentare le medie i bambini dovevano spostarsi in Sardegna). La maestra era una sola, e così ci riunirono tutti nella stessa classe, anche se eravamo di livelli diversi. In tutto eravamo una decina ad andare a scuola”. E chiamare scuola una piccola stanza, ricavata da una caserma, sembra un po’ esagerato. Eppure Giacomo e i suoi compagni non davano tanta importanza a queste cose. Loro, d’altronde, non avevano mai visto una scuola prima.

Nelle ore libere, che fosse inverno o estate, per i bambini il divertimento era salire su carretti di passaggio, trainati da asini, che li portavano a visitare angoli nascosti dell’isola. D’estate, poi, era scontato andare al mare tutti i giorni. C’era una spiaggia, attaccata a Cala d’Oliva, che veniva lasciata proprio ai bambini del paese perché potessero trascorrere le giornate tra sole e mare. “Prendevano ogni anno la sabbia da un’altra spiaggia, Cala Sabina, per preparare la nostra spiaggetta. A pochi metri ce n’era un’altra. Era quella dove andavano i detenuti”.

Giacomo con i fratelli
Giacomo con i suoi fratelli

“Non ci sentivamo diversi, non percepivamo la differenza della nostra vita rispetto a quella dei bambini che vivevano in città “normali”. E poi in fondo quando si è bambini non si è molto diversi da un posto all’altro. Certo, qualcosa di diverso c’è. Io ricordo quando ho assaggiato per la prima volta il gelato. Era il 1946, e già esisteva, ma per noi fu una novità assoluta”.


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