E
una violazione della privacy a
tutti gli effetti e si attua a
colpi di spot e reclame. Non si
fa per divertimento ma per lucro.
E il cosiddetto spamming.
Un nome dallorigine
curiosa, ma dal significato ben
noto agli internauti.
Tecnicamente con questo termine
si fa riferimento "alla
prassi consistente
nellinvio in massa di
messaggi indesiderati per lo più
di tipo pubblicitario tramite
posta elettronica".Risalire
agli indirizzi e-mail di milioni
di naviganti della Rete non è
certo complicato. Tra News Group
e siti web, per gli spammer il
gioco è fatto. Inviare messaggi
di posta elettronica in massa poi
è unoperazione semplice e
dai molti vantaggi. Permette
infatti di far arrivare mail
pubblicitarie a un numero
consistente di persone in tutto
il mondo in tempi rapidi. Ma
soprattutto ha un costo
pressoché irrisorio. Da qui la
crescita esponenziale del
fenomeno. E ovviamente delle
proteste degli internauti.
Difendersi
è comunque possibile. In
soccorso dei naviganti arrivano
gli stessi fornitori di servizi.
Il cliente che si è stancato di
ricevere messaggi indesiderati
può infatti dotare la propria
mail-box di veri e propri buttafuori
virtuali. Si tratta di
programmi antispam, facilmente
reperibili in Rete, che hanno il
compito di filtrare i messaggi
che arrivano nella casella o di
cancellare i nomi degli utenti
dalle mailing list non sicure.
Ma
le tecniche antispam in Rete si
stanno moltiplicando.
Lutente che ha ricevuto una
mail pubblicitaria indesiderata
può infatti decidere di
cancellarla oppure scegliere di riciclarla.
Negli Stati Uniti è nato infatti
lo Spam Recycling
Center. In cambio di una
piccola ricompensa, le vittime
dello spam possono infatti
decidere di "girare" le
mail incriminate a questo
servizio. I messaggi saranno poi
inoltrati alla Federal
Telecommunication Commision che
si preoccuperà di verificare se
nascondono truffe o altri
eventuali reati.
Dalla
parte dellutente vittima
dello spamming si schiera
comunque anche la legge. Negli
USA molti Stati hanno adottato
normative che si basano
sullopt-in. Questo
significa che non si possono
inviare messaggi pubblicitari
nelle caselle di posta
elettronica a meno che il
destinatario non abbia dato in
precedenza il suo consenso. Ma in
America la battaglia è ancora
aperta. Come dimostrano le
campagne anti spam della famosa
associazione CAUCE, ossia
Cohalition Against Unsolicited
Commercial Email
In
Europa la situazione è
leggermente più chiara. Nella
proposta di direttiva 98/586 sul
commercio elettronico, la
Commissione aveva chiesto agli
Stati membri di prevedere nel
diritto interno norme basate sul
criterio dellopt-out.
In pratica è linternauta
che deve comunicare agli spammer
di non gradire linvio di
mail pubblicitarie. In Italia
però si è scelto di adottare
una strada più restrittiva.
Secondo il decreto legislativo
n.185 del 22 maggio 99 infatti
"limpiego da parte di
un fornitore del telefono, della
posta elettronica o di sistemi
automatizzati di chiamata senza
lintervento di un operatore
o di fax, richiede il consenso
preventivo del consumatore".
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