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I partiti italiani e la Rete:
uno spazio ancora da conquistare

La politica italiana non si muove "on line"

 

 

Giurano che no: non è stato un modo per aggirare la par condicio. Non si sono buttati su Internet perché la legge-bavaglio, come la chiama il Polo, ha ridotto gli spazi televisivi elettorali di alcuni cercando, in qualche modo, di equilibrare quelli di tutti. Giurano che loro nelle nuove tecnologie ci credono davvero, riempiono le loro lettere e cartoline elettorali di parole come new media e new economy, organizzano convegni, propongono leggi, ma alla fine dei conti, il rapporto dei partiti italiani con la Rete appare tutt'altro che "naturale".

L'impressione, è che non sappiano come muoversi. Le home page di Ds, Forza Italia, An e compagnia somigliano più a dei manifesti elettorali spiaccicati su uno schermo che a dei veri e propri siti interattivi, in cui i potenziali elettori possano davvero "incontrare", almeno virtualmente, i loro candidati, per capirne obiettivi e programmi. Ce l'hanno messa tutta, questo è certo. Le settimane che hanno preceduto le elezioni regionali di aprile sono state una vera e propria "corsa alla Rete" per ogni partito e partitino italiano. Non tutti ci avevano pensato prima. I più veloci erano stati i Radicali, i pionieri della politica su Internet in Italia. Per tutti gli altri, fino al mese scorso il web era ancora un far west da esplorare e conquistare.

Ma al di là delle regionali, lo spazio della politica italiana in Rete, soprattutto in confronto a quanto avviene altrove, è assurdamente piccolo. Le riviste on line sono pochissime e poco aggiornate (niente di più che riviste normali con una grafica web), i siti dei candidati non dicono molto di più di uno spot di 2 minuti, quelli dei partiti si svegliano solo in vista di una consultazione politica, le newsletter sono praticamente inesistenti, e poco frequentate. Insomma, l'Italia ha ancora molto da imparare. Perché se è vero che internet è il futuro della comunicazione globale, e se è vero che la new economy è destinata a guidare le "magnifiche sorti e progressive" dell'umanità, non è possibile che in un paese moderno la politica resti fuori dalla Rete, o ci capiti solo di passaggio. E soprattutto non è possibile che non sappia sfruttarne le potenzialità.

E' vero che nel nostro paese è "on line" ancora una esigua minoranza di persone, è vero che per molti Internet è ancora un gioco piuttosto che uno strumento di informazione in tempo reale, ma le cose si stanno evolvendo a ritmi velocissimi. Lo dimostrano le stesse dichiarazioni del nuovo Presidente del Consiglio: Giuliano Amato ha fatto un governo praticamente via mail, chiuso nel suo ritiro pasquale di Ansedonia, ha preso contatti, scambiato documenti, e comunicato con il resto dei politici in vacanza attraverso modem e telefono. "Il mio è un e-govern", ha dichiarato recentemente ad un convegno sulla Pubblica amministrazione, con l'impegno di favorire lo sviluppo tecnologico in Italia. Un impegno che è una promessa di crescita per l'economia, la cultura e l'informazione. E che potrebbe esserlo anche per la politica, sempre che qualcuno si decida a scendere dagli scranni colorati dei comizi di paese per raccogliere la sfida, e combattere "on line".

(20 maggio 2000)

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