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Sciarpe appese al muro nella
sede di Progetto Ultrà
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"Limitare
i comportamenti intolleranti e razzisti presenti dentro e fuori dagli
stadi attraverso un lavoro di tipo sociale rivolto ai tifosi" e contemporaneamente
"difendere i valori legati alla cultura popolare del tifo".
Questi gli obiettivi del Progetto
Ultrà, Archivio sul tifo calcistico. Un'idea nata nel 1995
e sostenuta dalla collaborazione fra UISP
e Regione
Emilia-Romagna. Ce la racconta uno dei responsabili.
Chi è il
Progetto Ultrà?
Io sono Carlo Balestri, responsabile del Progetto Ultrà. Di collaboratori
ce ne sono vari, alcuni mobili e altri più stabili. C'è
Maurizio Marchi che cura i rapporti con le tifoserie e parte dell'archivio
e della rassegna stampa. C'è Daniela Conti che ha molto a che fare
con le istituzioni esterne e quindi con le istituzioni e le reti europee
con cui siamo in contatto. E poi ci sono un'altra serie di persone che
ruotano attorno al Progetto: dai traduttori ai tifosi, agli ultrà
stessi che collaborano per il sito e alcune attività.
Il progetto è nato nel
?
Alla fine del 1995. È nato all'interno dell'UISP (Unione Italiana
Sport per Tutti) Emilia Romagna. È nato come progetto sperimentale
che voleva appunto sperimentare pratiche alternative di intervento sociale
nel mondo del tifo. Mentre in altri paesi queste pratiche sono abbastanza
radicate, volevamo cominciare a far breccia anche in Italia.
Dove avevano già provato a fare interventi dal punto di vista
sociale?
C'è una lunga tradizione in Germania che si è allargata
e sviluppata anche in Danimarca e in Belgio. Poi per altri aspetti, su
alcune tematiche c'è un interesse e un intervento sociale anche
in Inghilterra.
L'Inghilterra è considerata la patria dei tifosi più
accesi. Cosa è stato fatto da loro?
C'è un'associazione che si chiama Football
Supporter Association (FSA), un'associazione di tifosi
che pratica vari tipi di attività per la riduzione della violenza
e contro il razzismo. Fanno anche delle attività all'estero per
i tifosi della nazionale sia di informazione sia di assistenza. L'argomento
tifo in Inghilterra è diventata materia di insegnamento accademica.
Alla Manchester
University, nel dipartimento di cultura popolare c'è
un archivio sulle fanzine inglesi. Viene data al tifo più dignità
di quanta ne ha in Italia, qui viene considerato quasi esclusivamente
da noi. Nel mondo della sociologia per il tifo si parla di sottocultura
giovanile: stili di vita giovanili che determinano comportamenti e modi
di vivere.
Che cosa fate?
Da quando siamo nati, oltre a fare attività di mediazione del conflitto
e a portare avanti varie cose per la limitazione della violenza e dell'intolleranza
razzista, sosteniamo anche l'idea della difesa della cultura popolare
del tifo e di conseguenza anche della tutele dei diritti dei tifosi. Pensiamo
che ci sia una presa di posizione dell'opinione pubblica abbastanza indiscriminata
che considera tutti i tifosi di curva e gli ultrà come criminali
incalliti. Tre anni fa avevamo fatto un primo manualetto in difesa dei
diritti del tifoso e nel 2001 con la nuova legge abbiamo pensato di approfondire
l'argomento. Ci siamo avvalsi di legali ed esperti e questa volta abbiamo
fatto un vero e proprio manuale a tutto tondo sulla legge e sui provvedimenti
correlati. Parliamo del decreto legge 336/20 agosto 2001 convertito in
legge 377/01 il 20 ottobre 2001. Per essere precisi. Abbiamo fatto anche
varie dichiarazioni pubbliche perché riteniamo questa legge veramente
troppo lesiva anche dei più semplici diritti dei cittadini. Abbiamo
fatto degli emendamenti in sede di conversione e poi appena uscita oltre
a studiarla l'abbiamo resa più chiara e meno formale e burocratica
per la gente. Abbiamo cercato di informare la gente dando tutte le disposizioni.
Questo manualetto
è diviso in tre parti. La prima è una sorta di introduzione
in cui c'è la filosofia del nostro progetto. Qui viene messo l'accento
sul fatto che le curve degli stadi sono trattate sempre come problemi
di ordine pubblico, che un grosso difetto di questa legge è il
non aver previsto anche interventi di carattere sociale. In questa prima
parte abbiamo incluso anche i provvedimenti generali che noi consideriamo
inutili. La seconda parte è sulla nuova legge e la terza contiene
i nostri consigli sull'argomento.
Consigli come "i fumogeni li potete portare"?
Fumogeni e fiaccole sì. Non i razzi come hanno scritto su alcuni
giornali (Corriere della Sera 30-01-2002 articolo di Gaia Piccardi). Non
ci saremmo mai sognati di dirlo. Alcune critiche che ci sono su questo
articolo possono essere legittime; forse però il giornalista non
conosceva la differenza fra razzi e fiaccole e per me è una differenza
sostanziale. Un razzo si spara, la pericolosità è assolutamente
diversa. Viene da sorridere perché assolutamente non incitiamo
a portare degli strumenti illegali all'interno dello stadio.
Come materiale coreografico fiaccole e fumogeni possono entrare. Loro
(le forze dell'ordine ndr) possono decidere adiscrezione se farle entrare
o meno, ma non è reato introdurle.
Però entrando allo stadio si viene fermati qualsiasi cosa si abbia
in mano.
Questo è vero. Ti perquisiscono togliendoti le monetine, salvo
poi darti il resto con le stesse monetine al bar dello stadio. È
una cosa che mi fa sempre sorridere: ti perquisiscono a cinque metri dal
cancello e cinque metri dopo prendi un caffè e ti danno tutto il
resto in spicci. Conosco gente a cui volevano sequestrare il cellulare.
Quanto vi conoscono i tifosi?
I tifosi vengono qui da noi. Non posso dire che tutti ci conoscono però
siamo molto noti. Alcune tifoserie ci conoscono con più superficialità,
sanno solo indicativamente chi siamo e cosa facciamo. Altri ci conoscono
molto bene.
Che cosa vi chiedono?
Uno dei temi che loro sta più a cuore è quello delle diffide
e dei problemi legati alla giustizia. Ci capita quasi ogni giorno di avere
qualcuno che chiama per esporre la sua situazione e chiederci che cosa
può fare. Ci sono poi gruppi interessati a organizzare delle iniziative
e ci chiedono consigli su come farlo. Tanti chiedono la nostra partecipazione.
E poi c'è tutta l'attività legata ai mondiali antirazzisti.
Soprattutto tifoserie di calcio?
Anche il basket. E rapporti con quelli dell'hockey. Qualcuno della pallavolo
anche. Dovunque ci sono gli ultras ci possono essere rapporti.
Quanto materiale avete raccolto in questi anni?
Più o meno settecento libri. Non sono solo italiani, ma vengono
da tutto il mondo. I temi sono il tifo e i tifosi sia dal punto di vista
sociologico, sia come raccolta di testimonianze e libri giornalistici.
Ci sono quelli che riguardano ambiti particolari della violenza nel mondo
del tifo. Ci sono libri più ampi di sociologia dello sport. Ultimanente
stanno crescendo molto le autoproduzioni interne al mondo ultrà.
Ogni giorno si impara di nuovi gruppi che pubblicano dei libri.
Anche i siti sono un'infinità.
I siti sono molto sviluppati. Il mondo ultrà è molto orgoglioso
di apparire anche e soprattutto come gruppo. Tutto quello che è
visibilità esterna (il sito fatto bene, le coregrafie) crea orgoglio
all'interno e cementifica il gruppo.
Abbiamo una ressegna stampa che parte dagli anni sessanta fino a oggi.
Ovviamente per i primi anni piccole cose che abbiamo rintracciato, gli
ultimi dieci anni sono stracoperti con giornali e molto materiale. Noi
tentiamo poi di ampliare anche con i libri: in particolare romanzi e storie
di sport. Nell'archivio abbiamo anche una sezione sul razzismo e una sulle
culture giovanili. Anche nella rassegna stampa noi diversifichiamo la
parte della violenza dagli aspetti coreografici. Seguiamo anche molto
la questione della commercializzazione del mondo del calcio: il business,
la gestione degli stadi privati, il caro-biglietti, i diritti TV. Tutte
cose che interessano agli ultras e che noi teniamo monitorate. Guardiamo
tutti i giorni i portali dei tifosi (supertifo
e tifonet)
e controlliamo anche alcuni siti.
Per iniziare avete studiato come è un tifoso?
La storia parte da molto prima dell'inizio del Progetto Ultrà.
Parte da interessi personali di chi ha creato il progetto. Già
dall'inizio degli anni 90 si seguiva, si scrivevano cose, si entrava in
relazione con il mondo della curva. Man mano entri sempre di più
in un universo di cui non fai parte attiva, ma di cui ti interessano alcune
cose e quest'interesse cresce sempre di più. È nato tutto
così. Adesso usufruisce di competenze diverse.
Che cosa è un ultrà?
Un ultrà è uno che va oltre. Ma non vuol dire che va oltre
con la violenza come potrebbe essere volgarmente capito. È uno
che tira fuori molta passione, certe volte anche esagerando però
soprattutto ha una forte passione nel calcio e ha un forte senso del gruppo,
anche una sorta di forte lealtà nei confronti del gruppo e delle
regole condivise anche fra gruppi rivali. È uno che porta avanti
le sue ragioni, che siano giuste o sbagliate, fino all'estremo. Però
con passione, con calore e con colore.
Come sono le gerarchie interne ai gruppi?
Dipende molto da gruppo a gruppo. Ci sono gruppi dove c'è la figura
più carismatica, ma che vivono di una certa democraticità
interna, in cui la riunione è comunque il luogo principe dove si
prendono le decisioni. In questo caso il leader non fa il capo a tutti
gli effetti. Ci sono altri gruppi dove il capo vero c'è. Sono strutture
differenti, all'interno dei gruppi ultrà ci sono modi di intendere
l'aggregazione molto diversi.
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