L’autocoscienza di essere donna
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Il Manifesto di Carla Lonzi |
“Il
femminismo è l’unica rivoluzione che non ha mai sparato
un colpo e ha vinto molte battaglie”, esordisce
la storica direttrice di Quotidiano donna, Emanuela
Moroli, ora presidente dell’associazione Differenza
donna nella Casa - la legge sul divorzio (‘70), sul diritto
di famiglia (‘75) sull’aborto (‘78), sulla violenza
sessuale (‘96) e così via”, rammenta la giornalista
in uno slancio di foga, riverberato dalle passate lotte di piazza.
”Il femminismo non è mai morto – incalza dai
suoi capelli ramati - è molto più presente di quanto
sembra: è entrato nelle istituzioni migliorando la qualità
della vita delle donne”.
Le “streghe”
sono ancora sul piede di guerra. Un lungo e sofferto
cammino verso la conquista dei diritti fondamentali per la liberazione
delle donne.
Ma oggi il
soggetto femminile è ancora così svantaggiato di
fronte all’uomo?
“Il femminismo è riuscito a mettere il soggetto donna
al centro dell’attenzione sociale”, sostiene la storica
Anna Maria Fiorensoli. “Molte donne oggi
si trovano a vivere con un’emancipazione acquisita –
zittisce Giovanna Olivieri (Cfs) - diritti che
non vengono sfruttati”.
Anche nei paesi dove le donne hanno
un livello di istruzione pari o superiore a quello degli uomini
il "tetto di cristallo" spesso impedisce
la loro scalata ai vertici della gerarchia. “Il potere sta
oltre quel tetto- spiega Edda Billi (Affi), richiamandosi
alle teorie delle femministe americane - la donna gli arriva vicino,
ma batte la testa e si ferma”.
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Edda Billi nel suo studio |
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La magnolia centenaria
vista dalla libreria |
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L'entrata in via della
Lungara |
Cos’è
il femminismo oggi, allora?
“Per me è quello che era ieri: la coscienza di sé
ed il fatto di interpretare il mondo con occhi di donna, di non
farmi definire da nessuno – risponde nel suo simpatico accento
toscano – negli anni ’70 abbiamo cominciato a definirci
e chi definisce è chi decide”. E poi?
“Il
femminismo ad un certo punto si è interrotto, è
diventato carsico – continua la presidente dell’Affi
- meno visibile degli anni ‘70-‘80, ciò non
significa che non abbia continuato a produrre”.
La ricerca di ottenere gli
stessi diritti dell'uomo, in campo economico, giuridico e politico,
contestando l'organizzazione maschilista della società
(fondata su una rigida divisione sessista dei ruoli), non è
terminata.
“Il
femminismo non è anacronistico – va alla
carica la psicologa della Casa,
Marta Prandi, nel suo incedere lento, quanto sicuro -
lo sarebbe solo se esistessero abbastanza posti di lavoro occupati
da entrambi i sessi, con pari opportunità e pari competenze.
Sono ancora troppo poche le donne che siedono ai vertici o in
Parlamento. Gli uomini detengono il potere da più anni
– attacca la psicologa, sguardo fisso dietro la montatura
degli occhiali - occorre un periodo in cui le donne abbiano la
possibilità di sviluppare appieno le proprie capacità”.
Non pari diritti quindi, la donna ha bisogno di più diritti:
“È importante ritagliare delle zone franche –
spiega - per rendere le donne consapevoli del potere e delle capacità
che hanno”.
Il grande significato dell’autocoscienza,
elaborata negli anni ’70 dal Manifesto di rivolta
femminista di Carla Lonzi continua a
permeare le mura del Buon Pastore.
Il “gentil sesso” è stufo di essere gentile,
vuole esprimersi, prendere la parola (che metaforicamente viene
paragonata al “fallo”) e i propri spazi. Cose che
si facevano negli anni ’70. “No – sostengono
nella Casa - c’è bisogno di una rivoluzione
culturale al più presto”.
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