“Dopo
aver toccato, palpato, affondato le mani tremanti nell’oro
e nelle pietre preziose, si rialzò e attraversò
di corsa le due grotte con l’esaltazione di un uomo sull’orlo
della pazzia….. era solo con quelle ricchezze incalcolabili,
inaudite, favolose che gli appartenevano. Ma sognava o era desto?”
E’
uno dei passi più emozionanti del celebre romanzo di Alexandre
Dumas, “Il conte di Montecristo”.
Il protagonista, Edmondo Dantès, trova sullo scoglio disabitato
di Montecristo, il tesoro. Paolo Del Lama, guardiano dell’isola
per 10 anni, dal 1988 al 1998 insieme alla moglie Serenella, è
l’Edmondo Dantès dei nostri giorni. Anche lui ha
trovato il suo tesoro, su quella piramide di
granito in mezzo al mare, e è tornato sulla terra ferma
ricco di una esperienza unica che gli ha cambiato la vita.
Adesso Paolo e Serenella hanno
50 e 48 anni, e tre figli, tra cui Chiara concepita a Montecristo.
Ancor prima di conoscersi sognavano un’avventura su un’isola
deserta.
“Tornavamo sulla terraferma una o due volte l’anno,
sempre d’inverno – ricorda Serenella con i suoi modi
giovanili e quel simpatico accento toscano – ma dopo 10
giorni le valigie erano già pronte, non riuscivamo a stare
per più tempo lontani da casa nostra, da Montecristo”.
Si infastidisce quando qualcuno le chiede come abbia fatto a vivere
per tanto tempo in un luogo disabitato, senza negozi, senza niente.
“Le persone sono cieche se fanno queste domande. Quando
sono partita –dice con decisione – non ho pensato
a cosa avrei perso, ma a cosa avrei trovato in più rispetto
alla vita di tutti i giorni”. Adesso non sente i profumi
intensi dell’isola e non vede i suoi colori. Ripensa alla
mattina, quando si alzava e uscendo fuori si trovava davanti un
panorama indescrivibile. Ecco perché lei partirebbe di
nuovo, tornerebbe volentieri sul suo scoglio.
Paolo, invece, la pensa diversamente.
“A Montecristo si va una volta sola – cerca di spiegare
con la fronte corrugata e scandendo bene le parole – si
va per trovare sé stessi, per avere delle risposte alle
domande della vita. Poi devi scappare, altrimenti scoppi”.
I suoi occhi azzurri brillano di tanto in tanto, come se stessero
per rivelare una verità che pochi riescono a vedere e decifrare.
Dietro quegli occhi si nasconde una esperienza di vita dolorosa,
ma intensa. E lui prova a raccontarla.
La normale
pazzia di Paolo
“Vicino a casa nostra c’erano i topi. Una sera ho
delimitato il territorio proprio come gli animali, urinando. Non
si sono più avvicinati. Un’altra volta uno scienziato
aveva dimenticato la sua rete per catturare gli insetti e stava
facendo una strage. Ho pensato che nel ciclo biologico il caprone
dà il sangue agli insetti. Quindi c’è un legame
forte tra le due specie. Il caprone poteva accorgersi del danno
e gettare a terra la rete. La mattina dopo era successo”.
Alla fine della
sua avventura Paolo è riuscito ad entrare in simbiosi con
la natura e le sue creature. E’ convinto che se piove è
perché qualcuno, in qualche altra parte del pianeta ha
bruciato troppo. Pensa che sia inutile proteggere Montecristo
proibendone le visite, perché se non c’è una
coscienza ambientalistica di fondo negli uomini, l’inquinamento
allargherà comunque il buco nell’ozono, o genererà
le piogge acide e anche l’isola ne risentirà sebbene
sia una riserva naturale protetta e inaccessibile. Perché
fa parte del mondo e non può sottrarsi alle sue regole.
Tutto questo l’ha imparato a Montecristo, ma poi ha cominciato
a “impazzire” lentamente sull’isola. Camminava
scalzo sulle rocce, facendo battere ritmicamente il bastone, per
catturare l’energia della terra. Le sue verità erano
il suo tesoro e le “vomitava” addosso a tutti quelli
che incontrava. Ai pescatori che erano tornati a trovarlo e non
lo riconoscevano. Ai familiari che non riuscivano a capirlo. Paolo,
alla fine, è dovuto scappare.
Adesso è stato costretto a scendere a patti con la vita.
Ma ci sono anche le sue verità che pesano e l’unico
compromesso che è riuscito a sopportare è di fare
il pescatore. “Eppure quando catturo i pesci mi dispiace
– dice –. Ma che posso farci? Ho tre figli da mantenere”. |