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One man company
Un sogno personale nato tra incertezze e coraggio


Zolesi nel nuovo ufficioIncoscienza e intraprendenza. Venti anni fa probabilmente ci vollero entrambe per lasciare il mio posto di insegnante alle scuole medie e buttarmi in questa avventura. Ma mi sentivo chiamare e io alle chiamate...non so resistere”.

Ride Valfredo Zolesi che di chiamate “dall’alto”, evidentemente, se ne intende. Negli occhi la soddisfazione di chi ricorda i giorni di scelte difficili.

“Creai una one-man company nonostante le perplessità di tutti. Ma Dio chiama a partecipare al Suo progetto, voleva questo da me e io non mi sono rifiutato”.

Oggi la Kayser ha 33 dipendenti e un fatturato calcolato in milioni di euro: condividere adesso una decisione presa quando le certezze erano pari a zero sembra fin troppo facile.

“Ho sempre lavorato molto, forse troppo. Ma per pregio, o per difetto, ho sempre voluto tenere tutto sotto controllo. Non è questione di fiducia, ma credo che fra le responsabilità di un capo ci sia anche quella di controllare il lavoro degli altri”. Qui forse il segreto del successo di un uomo che sembra incarnare il prototipo dell’imprenditore illuminato. “I giusti investimenti sono quelli che fanno crescere le persone, aumentare il loro numero ed essere all’avanguardia” dice. “Ho sempre cercato di tenere un buon clima in azienda sia dal punto di vista umano che professionale. Ognuno lavora su una parte limitata di progetti più ampi, per questo mi sforzo, ad esempio, di far vivere a tutti almeno il clima del suo intero sviluppo”.

Columbia “La mia vita al di fuori del lavoro non credo abbia mai creato problemi a nessuno” confessa Zolesi. “Far convivere il ruolo di capo e di diacono, icona del servizio agli altri, si può. Ricordo il febbraio 2003 quando nel cielo della Florida lo shuttle Columbia si trasformò in una scia di fuoco. Nella base spaziale c’erano sei nostri dipendenti che stavano aspettando il ritorno del carico di esperimenti fatti per la cura di osteoporosi e tumori. Ero al telefono con loro quando capimmo cosa era successo. Come ingegnere la mia razionalità mi dice che viviamo di probabilità e quindi che il fallimento è una delle ipotesi da considerare. Ma è in quei momenti che mi sento ancora più in dovere di essere testimone della speranza cristiana”.


 
     

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