Una
vita in giacca e cravatta
Dieci ore al giorno in ufficio tra le sue "contraddizioni"
Arriva
nel suo ufficio alle 7.30, prima di chiunque altro e ne esce
per ultimo: dieci, a volte anche dodici, ore più tardi.
Uno stakanovista che vive per il lavoro? Acqua. “E’
proprio la mia vita non-professionale a dare un senso a quella
trascorsa nelle mura dell’azienda” dice Valfredo
Zolesi. “Gli aspetti della mia vita non si possono scindere.
Se badassi a quale cappello ho in testa, quello di
ingegnere, diacono o padre diventerei probabilmente
schizofrenico”.
L’ufficio è accogliente e pieno delle sue
"contraddizioni". Così alcune icone
russe condividono la parete con attestati post-universitari
statunitensi. Sugli scaffali una Bibbia rilegata si appoggia
a un manuale inglese di elettronica, mentre sulla enorme scrivania,
alcuni cacciaviti convivono con le foto di moglie e figli.
Valfredo Zolesi dal suo ufficio riesce a tenere sotto controllo
con uno solo sguardo un’intera azienda. Una scommessa
vinta contro chi non credeva che nella Livorno dell’industria
pesante potesse sorgere una ditta leggera e brillante
come la polvere di stelle.
La sua enorme poltrona in pelle nera è circondata da
un portatile sempre aperto sulla posta elettronica, un computer
affacciato sul web, un cellulare che squilla spesso, ma che
spesso viene lasciato squillare e un collegamento diretto
con la voce della sua segretaria. Una persona raggiungibile
solo “in remoto”? Ancora acqua. Vederlo non è
niente di più facile: la sua porta è
sempre aperta e le pause caffè coincidono
per scelta con quelle dei “suoi ragazzi”, non
semplici numeri sul libro paga, ma persone di cui conosce,
senza invadere, storie e situazioni.
|