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Storia
di amore e follia
Staccare il teschio
dal corpo defunto della propria amata per illudersi di averla ancora con
sé. Non è una novella di sapore boccacesco, ma la vera storia
di Annunziata Gamboni e Carlo Fonti. Il suo bianco cranio spicca tra tutti
i teschi che che compongono la macabra scenografia della Chiesa dei Morti.
Tra Annunziata e Carlo
Fonti, segretario comunale di Peglio, fu un matrimonio d'amore. Un matrimonio,
però, finito troppo presto, perché la donna morì
ventiduenne il 4 luglio 1857. Fu sepolta nella chiesa di San Francesco.
Il marito impazzì di dolore. E la pazzia lo portò a un gesto
estremo. Fece staccare il capo di Annunziata, magra illusione di avere
accanto la donna.
A Urbania, di fronte al campanile di Santa Chiara, abitava Onofrio Fonti
con la sua famiglia, di estrazione nobile. Uno dei suoi figli divenne
un importante notaio di Urbino, Ferdinando. L’altro, Carlo, era
segretario al comune di Peglio. “Giovane pieno di sentimento e di
affetto”, aveva sposato una ragazza benestante, Annunziata di Mariano
Gamboni. Il 4 luglio 1857, a soli 22 anni, la donna morì: si ignora
il motivo della sua morte prematura. Carlo perse il lume della ragione.
Dopo i funerali, che ebbero luogo nella chiesa di San Francesco, si accordò
con il becchino per disseppellire la defunta. Così una notte, tolta
la lapide che indicava la sepoltura, aprì la cassa e staccò
la testa al cadavere. Si sospetta che Carlo sia riuscito a ottenere il
tacito consenso del custode della chiesa, fra’ Antonio, forse un
laico dell’ordine dei francescani.
Il giovane portò con sé, in casa, la testa di Annunziata,
nascondendola in uno stanzino, del quale custodiva gelosamente la chiave.
La testa divenne un teschio e davanti a quel teschio ogni notte accendeva
due candele e vi recitava l’intero uffizio dei morti.
Preso da una macabra agitazione, il Fonti fu assalito da un tic nervoso
che si portò avanti fino all’ultimo giorno della sua vita.
Quando i genitori scoprirono il suo segreto, avvalendosi dell’aiuto
di amici fidati, riuscirono a portargli via il teschio, conservandolo
nella Chiesa dei Morti, e a fargli riprendere una vita normale: passò
successivamente a seconde nozze.
Tornò, forse, il Carlo di una volta: un uomo molto religioso che
si dilettava di letteratura, e di poesia in particolare. Compose vari
canti religiosi, scritti in onore della Vergine Addolorata.
(da una lettera di don
Enrico Rossi, 1931)
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