Dove a scuola si insegna
il verso della rana

Gli alunni stranieri nella scuola elementare Pietro Mascagni di Prato sono il 45% del totale. La maggioranza ha origini cinesi.
In molti casi almeno un terzo della classe non riesce a seguire le lezioni per problemi linguistici. Una soluzione la offrono le lezioni dei facilitatori

“Fatemi sentire come fa la rana: cra cra. Rrrrrrr. Diciamola bene questa erre, Simona fammi sentire”.

Siamo in una piccola aula della scuola elementare Pietro Mascagni a Prato, che si trova vicino al quartiere dove da circa vent’anni abita la comunità cinese, la più numerosa d’Italia: quasi 11 mila i residenti regolari. (Vai al servizio)

Prato si è conquistata la fama di città multietnica e quasi la metà delle scuole della città conta almeno il 10% di studenti stranieri. Sono gli istituti del centro ad essere frequentati dalla maggior parte di studenti di nazionalità diversa. Il primato è della scuola elementare Fabio Filzi dove tre alunni su quattro hanno origini cinesi. (Vedi la mappa) 

E’ l’ora di religione nella IIA, la maestra di italiano ha portato fuori dalla classe sei bambini che si devono esercitare nella pronuncia di alcune parole. Hanno tutti tratti orientali gli alunni dell’ora di alternativa e sono un terzo della classe. Hanno nomi italiani ma non parlano e non capiscono bene la nostra lingua.

“I bambini cinesi purtroppo  in classe fanno da uditori - spiega Grazia Pagliaro, che insegna italiano alla classe – solo Liya parla italiano e segue, un po’ anche Simona, perché hanno frequentato la scuola materna. Gli altri invece sono venuti a scuola solo lo scorso anno. Perché hanno raggiunto dalla Cina la famiglia in Italia soltanto allora, o perché i genitori non hanno ritenuto utile iscriverli all’asilo. Dei progressi li hanno fatti in un anno, ma non riescono ancora a esprimersi in italiano”.

Barbara Manciulli in II A insegna matematica, ma è anche responsabile della “multiculturalità” della scuola elementare: “I genitori della scuola Mascagni – afferma - non si lamentano della situazione. Vogliono assicurarsi però che la didattica vada avanti”.

Gli altri servizi

 

Ma la didattica può andare avanti solo per chi riesce a seguire le spiegazioni in italiano. Le lezioni sono indirizzate a volte solo a una metà della classe. Per l’altra metà quattro ore la settimana vengono a scuola i “facilitatori linguistici”, assunti dal Comune di Prato. “Chiaramente è troppo poco - esclama Barbara – per il resto sono gli insegnanti a prendere i bambini stranieri in piccoli gruppetti e a gestire i corsi di alfabetizzazione. Servirebbe anche una preparazione specifica che non tutti hanno perché è affidata finora all’iniziativa personale”. (Vai alle interviste)

Al momento è prevista la presenza di un “mediatore culturale”, cioè di una persona che parla sia cinese che italiano soltanto al momento della consegna delle pagelle, quando davvero comunicare con tutti i genitori è essenziale. E’ anche una delle poche occasioni in cui le maestre hanno l’occasione di parlare con i genitori, perché è difficile farli partecipare alle assemblee di classe. “I miei alunni sono comunque molto seguiti dai genitori – racconta Grazia – si vede che ci tengono all’istruzione dei figli. La madre di Angelo, ad esempio, è venuta accompagnata dalla sorella, che parla italiano, per chiedere che suo figlio ripeta la seconda, perché le sembra che sia rimasto indietro”.

Per la formazione degli insegnanti e per i corsi di “genitorialità”, come vengono chiamate le riunioni per aiutare i genitori stranieri a capire il nostro sistema scolastico, le scuole insieme con il Ministero della Pubblica istruzione, con la Regione Toscana, la Provincia e il Comune di Prato hanno firmato un protocollo di inserimento. Seicento mila euro sono stati stanziati per i progetti presentati dalle scuole nel gennaio del 2008 (Vai al servizio).  

La preside della scuola Mascagni, Laura Papini spiega che il numero di alunni di origine cinese è destinato ad aumentare. Nell’anno scolastico 2007-2008 le iscrizioni hanno avuto un incremento del 15% (Vedi le  tabelle). Sessanta bambini cinesi, che si sono iscritti per la prima volta, sono stati spostati in altre scuole perché le classi avevano già raggiunto il numero massimo di alunni. Il loro inserimento è stata possibile seguendo il nuovo stradario scolastico e grazie alla “rete” creata dal protocollo. (Vai al servizio)

“Se gli studenti stranieri non riescono a integrarsi presto, dalle elementari – racconta Alessandro Levantesi, facilitatore linguistico – succede che si scoraggiano e spesso lasciano la scuola”.

L’abbandono scolastico è “un problema di convivenza” per  Andrea Frattani, assessore comunale che si occupa di un settore molto particolare, quello alla “Città multietnica”. Per portare all’attenzione della comunità cinese la questione, Frattani ha pensato anche di vietare i festeggiamenti per il capodanno cinese. Nel febbraio 2007 la sfilata del dragone non si è svolta per le strade del centro, ma è stata confinata al centro di arte contemporanea Pecci. “ Il problema non era il capodanno – afferma Frattani – volevo spingere la comunità cinese a valutare i problemi di convivenza come il decoro urbano e l’abbandono scolastico: gli alunni cinesi che lasciano la scuola superiore sono l’85%”. (Vedi le fotogallerie)

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