Classificazione e smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia
ITALIA – I rifiuti radioattivi nel nostro paese sono classificati in tre categorie, a seconda del grado di pericolosità radiologica e del tempo di decadimento della radioattività. Sono di prima categoria tutti quei materiali che impiegano al massimo qualche anno a decadere, come la maggior parte dei rifiuti medici o derivanti dalla ricerca scientifica. Si tratta principalmente di carta, stracci, indumenti e guanti entrati a contatti con fonti di radiazioni. Ci vuole invece qualche secolo per i rifiuti di seconda categoria, come quelli dei reattori di ricerca e di potenza o prodotti dai decommissioning delle ex centrali, nonché da impianti di riprocessamento del combustibile nucleare. Sono per la maggior parte materiali metallici, liquidi, fanghi e resine esaurite. La terza categoria comprende materiali che impiegano migliaia di anni per diventare innoqui, e qui rientra il combustibile irraggiato e tutti i rifiuti cha hanno all’interno del plutonio. Parliamo più che altri di ceneri prodotte dalla combustione dell’uranio nei reattori.
Per lo smaltimento di ogni tipo di rifiuto ci sono criteri diversi. Quelli di prima categoria, e una parte di quelli di seconda categoria, vengono semplicemente immagazzinati in condizioni controllate fino a quando decade la radioattività e possono essere smaltiti come rifiuti convenzionali o speciali, al pari delle batterie esauste o dei liquami industriali. Per i restanti rifiuti di seconda e terza categoria servono delle operazioni di condizionamento, quindi trattamenti chimici o fisici che li trasformano in forma solida, stabile e duratura in modo da poterli trasportare e immagazzinare. Sono i classici fusti metallici che ci immaginiamo quando pensiamo a questo tipo di rifiuti. All’interno i materiali vengono isolati tramite una malta cementizia per evitare la dispersione della radioattività.
Il vero problema dello smaltimento definitivo di queste due categorie di rifiuti è che devono essere creati depositi ad hoc per ospitarli per tutto il tempo necessario al decadimento della radioattività. I materiali a bassa o media attività, una volta condizionati, vengono smaltiti in depositi superficiali a bassa profondità. A livello pratico sono ulteriormente ‘confezionati’ in altri due moduli di calcestruzzo armato, quindi stipati in depositi in superficie o interrati a bassa profondità. Esistono almeno un centinaio di depositi di questo tipo in tutto il mondo e i più avanzati si trovano in Francia, Spagna, Svezia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. Per i rifiuti più pericolosi è necessario individuare strutture geologiche che permettano il totale isolamento e impediscano qualsiasi contatto con la popolazione. Questi depositi devono prevedere oltre 800 metri di profondità, devono essere stabili e impermeabili. Nella guida tecnica n°26 emessa da Enea nel 1985, e che contiene le linee guida per la classificazione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, vengono indicati come luoghi idonei i giacimenti di salagemma o le formazioni argillose e di granito. C’è un solo esempio di questa struttura al mondo ed è il Waste Isolation Pilot Plant, in New Mexico, che dal 1999 viene usato dagli Stati Uniti per i rifiuti contenenti plutonio di produzione militare. In Europa, laboratori sperimentali sotterranei sono in costruzione o in esercizio in Francia, Germania e Svezia.