SAN PIERO A GRADO – Pochi sanno che nella frazione pisana di San Piero a Grado, protetta da una pineta e a pochi chilometri dalla chiesa romanica del paese, c’era un impianto di ricerca nucleare. Chi ne era a conoscenza lo chiamava semplicemente il Camen, acronimo di “Centro applicazioni militari energia nucleare”. “Era un’avventura pioneristica – dice Amerigo Vaglini, uno degli ex tecnici del reattore – un sogno, che tuttavia fece di Pisa in breve tempo un centro all’avanguardia per lo studio dell’energia nucleare, finalizzato alle applicazioni sia militari, come la propulsione navale, che civili”.
Quando nacque, nel 1956, il centro faceva parte del comprensorio dell’Accademia navale di Livorno, interessata all’applicazione dell’energia nucleare per la propulsione navale. Il trasferimento a San Piero a Grado avvenne nel 1961, quando si decise di aggiungere al centro il reattore sperimentale RTS-1, ribattezzato in seguito “Galileo Galilei”. Nella nuova sede, il Camen venne dotato di laboratori e attrezzature sperimentali per effettuare studi sulle schermature anti radiazioni, prove di irradiazione su materiali, misure di parametri nucleari e produzione di radioisotopi. La proprietà era esclusiva del Ministero della difesa, ma in base a una convenzione era utilizzato anche dall’Università di Pisa e tutti gli enti scientifici o universitari che ne facevano richiesta.
L’accensione del reattore, quella che in gergo scientifico viene chiamata la “prima criticità” ovvero il raggiungimento del livello di energia necessario per innescare una reazione nucleare a catena, venne fatta la mattina del 4 aprile 1963. “Ancora è vivo il ricordo della grande gioia e della soddisfazione mista a commozione – dice Amerigo ricordando quel momento – provata da tutti i presenti in sala vasche, quando il direttore del ordinò di stappare la benaugurante bottiglia di champagne”. Da lì iniziò l’attività continuativa di produzione di energia, 24 ore su 24, che proseguì fino al 7 marzo 1980, quando il reattore fu definitivamente spento. Fino a quel momento il centro portò avanti varie attività di ricerca sia in campo militare che per applicazioni civili, impegnando più di 500 persone.
La sala progetti nei locali di San Leopoldo
Le ricerche nel settore militare, oltre agli studi sulla propulsione nucleare, si occupavano principalmente dei danni causati dalle radiazioni. Venivano studiate le conseguenze sugli esseri viventi, insieme alla protezione dell’ambiente in caso di incidenti nucleari o esplosioni. Un settore dei laboratori si occupava nello specifico del rilevamento delle esplosioni nucleari, per ottenere la localizzazione automatica nel tempo e nello spazio delle esplosioni. Per questo furono costruiti simulatori di ogni effetto d’esplosione, tra i quali uno dei simulatore d’onda d’urto più grandi d’Europa che permetteva di sperimentare la resistenza dei materiali ed effettuare prove su prototipi di mezzi civili e militari. Altro importante settore di studio del comparto militare era il laboratorio di radiopatologia e igiene delle radiazioni, dove venivano eseguite anche esperienze di trapianto midollare in pazienti irradiati o trattati con sostanze radiomimetiche, per sviluppare una terapia biologica del “male da raggi” provocato, appunto, dall’esposizione a radiazioni. Dentro al Camen si facevano anche esperimenti sugli animali. Alle cavie venivano somministrate sostanze sperimentali prima e dopo l’esposizione a radiazioni, per verificarne la capacità di attenuare, neutralizzare o riparare i danni biologici. Poi c’erano gli studi per la messa a punto di processi per la produzione di uranio arricchito e di riprocessamento del combustibile nucleare.