L’impresa illegale “italo-napoletana”

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6 Ottobre 2013. Il Comune di Napoli organizza una conferenza sull’anticontraffazione alla quale partecipano l’ex ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ed esponenti di tutte le forze nazionali per la lotta al fenomeno, dalla Guardia di Finanza alle Agenzia delle Dogane, dall’associazione antimafia Libera al presidente del Consiglio nazionale anticontraffazione. E’ l’occasione per presentare un nuovo progetto di tutela del “made in Italy” e di promozione dell’economia locale, dal titolo “Emozione Napoli”. Una giornata di seminari durante la quale, tra i problemi della città, non c’è accenno alla realtà del mercato illegale della Maddalena e in cui l’unico “attacco” è quello agli ambulanti che vendono i souvenir sul lungomare partenopeo.

marcaTuttavia il “fenomeno napoletano” della contraffazione non si può ignorare. A illustrarne le dinamiche è il colonnello della Guardia di Finanza, Nicola Altiero. La camorra napoletana, secondo le indagini e i dati forniti dalla Direzione Nazionale Antimafia, dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane, sembra essere fra le più attive in proposito. Le investigazioni mostrano come le attività camorristiche relative alla contraffazione si ramifichino su diversi territori, ponendo i clan al centro di una rete criminale che interessa l’Europa, gli Stati Uniti e l’Australia.

E’ stato anche dimostrato un crescente interesse per questa attività da parte della ‘Ndrangheta e, seppure in misura minore, della malavita salentina.

“Alla base di quello che succede a Napoli – spiega Altiero durante l’incontro, alludendo ai laboratori dei sottoscala che producono imitazioni a ritmi sostenuti – ci sono due elementi: l’alto tasso di disoccupazione e l’immigrazione clandestina. Entrambi terreno fertile per l’illegalità”.

controlli“Esistono vere e proprie filiere criminali – spiega il colonnello – che sfociano nella bancarella in strada ma che passano attraverso intermediari, colletti bianchi, prestanomi, trasportatori di container, proprietari di magazzini, money transfer. A Napoli, come in tutto il mondo, la contraffazione è il terzo settore di redditività per la malavita dopo droga e racket. E non indifferente la progressiva penetrazione economica della Cina”.

Alta redditività, investimenti contenuti e un grado di rischio minimo rispetto ad altre attività criminose lo rendono un campo di sicuro successo.

“L’ingresso del crimine organizzato nel settore della contraffazione è uno dei fattori che ne ha determinato in breve tempo l’espansione, sancendo il progressivo passaggio da una produzione artigianale a una di scala – ha spiegato Altiero – Grazie ai cospicui investimenti delle organizzazioni criminali, l’industria del falso si è dotata di sorprendenti elasticità e capacità di reazione alle modifiche della domanda. Ha potuto ricorrere a tecnologie avanzate, con macchinari e grandi spazi. Ha poi iniziato ad applicare lo stesso modus operandi degli altri traffici illeciti”.

I clan del capoluogo campano sarebbero riusciti ad acquisire, attraverso il riciclaggio e il reimpiego dei proventi derivanti dai traffici illeciti, il controllo monopolistico di interi settori imprenditoriali manifatturieri e dell’import-export di alcune merci contraffatte. Inoltre sarebbero a capo di una capillare rete di punti vendita disseminati in Italia e all’estero, mediante l’utilizzo di prestanome.

scarpe“Dalle indagini – ha sottolineato il colonnello – è emerso che la contraffazione è considerata un vero e proprio ramo di affari direttamente gestito dai vertici dei clan e composto da soggetti di fiducia che applicano anche una sorta di “controllo militare” nel territorio”.

“Manager criminali” del settore sovrintendono alla produzione, inviano le merci all’estero, coordinano e dirigono le varie sedi distaccate, procedono alla ricezione e all’amministrazione dei proventi, gestendo le operazioni di reimpiego della ricchezza attraverso uomini di fiducia dell’organismo centrale. I clan avrebbero quindi dato vita a vere e proprie imprese commerciali di loro proprietà, non più semplici affiliate.

“La si può definire una ‘impresa illegale’ – spiega Altiero – La camorra copia e applica le strategie delle imprese legali, crea una diffusione internazionale e con i proventi finanzia una nuova serie di altre attività illecite”.

Un sistema di parziale “riciclaggio interno” di soldi sporchi che costituisce, inoltre, un facile casestrumento per garantire il capillare controllo del territorio. “Con la gestione di queste ‘imprese illegali’ – conclude il colonnello – la camorra esercita una funzione di ‘ammortizzatore sociale’, dando lavoro alle persone vicine ai loro ambienti e ai rispettivi familiari”.

“Un elemento fondamentale – conclude Altiero – è quello relativo alla benevolenza del cittadino verso il fenomeno. Non lo si percepisce come criminale e quindi viene tollerato e sostenuto. E’ qui che subentra la necessità di informare e mettere in guardia il consumatore che, acquistando merce contraffatta, è in realtà complice dell’intero sistema”.