Molto si è scritto sulla stampa italiana (e anche sul sito dell’Ifg) a proposito dei circa 600 giornalisti che sono stati “incastonati” nelle unità militari Usa per seguire la guerra in Iraq. Prevalentemente si sono sottolineati i pericoli di “controllo” dell’informazione, ma non si è dato molto spazio al fatto che secondo la gran maggioranza dei giornalisti americani si tratta di una opportunità di riferire dal fronte quale non c’era più stata dai tempi del Vietnam. Vale la pena leggersi i primi pezzi del Los Angeles Times, (E’ già guerra tra militari e media su una nave, registrazione gratuita richiesta); e le spiegazioni su vantaggi e rischi offerte dagli Ombudsman (difensori dei lettori) dell’Oregonian e dell’Atlanta Journal and Constitution.
“Andare a letto” con i militari (il termine per “incastonati” usato dal Pentagono è embedded, da bed=letto), è già costato caro a una giornalista del Fayetteville Observer: è stata richiamata dal Kuwait perché si è scoperto che era fidanzata con il comandante dell’unità che seguiva. Un problema, spiegano, di conflitto di interesi. (T)