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Quando un “argomento” diventa una “storia”

di    -    Pubblicato il 3/05/2005                 

Il sito americano dedicato alla produzione di minidocumentari radiofonici Transom, ha pubblicato recentemente i servizi di tre studenti della Scuola di Giornalismo della Columbia University. I servizi sono introdotti da una specie di lezione del loro docente, Alex Blumberg, che per mestiere fa il producer a This American Life, uno dei maggiori programmi di approfondimento della radio pubblica statunitense. La lezione di Alex riguarda il processo di selezione di una storia di iniziativa e di che cosa occorra cercare. E’ il problema principale di qualunque giornalista e del quale abbiamo spesso parlato con gli allievi che si occupano del sito e – in termini generali – collettivamente nella ultima lezione del corso. Ne pubblichiamo ampi estratti Mi sembra sintetizzi perfettamente la questione. Lettura non solo raccomandata, ma obbligatoria :-) . Il testo completo si può trovare qui, insieme ai link ai servizi audio. (T)

Il manifesto di Alex Blumberg

Le lettera non d’amore più imbarazzante che io abbia mai mandato è una che mandai alla redazione di This American Life. La mandai nel 1997 e, fortunatamente, deve essere nel frattempo andata persa. Sapendo come funzionavano le cose nel 1997, probabilmente non è mai stata letta, ma se ci ripenso adesso mi sento arrossire. Era una lettera che proponeva dei servizi. E poiché cercavo di stupirli, conteneva non una sola idea di servizio, ma una decina. Erano tutte raggruppate per tema, con utili suggerimenti su come titolare il programma nel quale sarebbero potute finire. E tutte – ora lo so – facevano schifo. La proposta di servizio che oggi mi fa più digrignare i denti era una sugli orti comunitari a Chicago. Non su UN orto comunitario, figuriamoci. Gli orti comunitari in generale, come fenomeno sociale. Non ricordo che cosa volessi dire (ammesso che lo sapessi), chi volessi sentire in proposito o anche che cosa pensassi di chiedere a chiunque avessi trovato da intervistare. E non ricordo neppure perché mai This American Life avrebbe dovuto dedicare parte dell’ora di trasmissione a una “storia” prima di personaggi, idee o conflitti. (…)

Questa vicenda, per me, indica principalmente quando sia difficile, per chi è alle prime armi nella radio, di immaginare che cosa esattamente costituisca una servizio (story).

C’è un serio problema che affligge i radiogiornalisti principianti, lo stesso della mia proposta a This American Life: confondere l’ambientazione della storia, o la sua premessa con la storia vera e propria. “Gli orti comunitari” non è una storia. E’ un’ambientazione o forse un argomento da indagare, ma per farne una storia radiofonica avete bisogno di essere più specifici. Mi spiego: un personaggio cui parlare, una situazione della quale parlare parlare con loro. Esempio: magari c’è un immigrato haitiano che ha lasciato la famiglia nel suo Paese in attesa di mettere da parte un po’ di soldi per portare tutti negli Stati Uniti e coltiva l’orto perché è l’unico posto dove riesce in qualche modo a immaginare di essere a casa. O forse c’è un orto comunitario curato da persone che non hanno mai lasciato il loro quartiere di città, hanno visitato una fattoria in gita scolastica e ne sono rimasti così colpiti da decidere di iniziare un orto non appena rientrati a casa. O magari c’è un un orto comunitario con una lotta in corso tra quelli che puntano sui fiori e quelli che puntano sulle verdure. O forse ancora c’è una signora che si occupa di un orto che è così incredibilmente deliziosa, o spiritosa o affascinante che riesce a sostenere la storia con la sola forza della sua personalità. (…)

Per capire se qualcosa è una storia o no, si può cominciare con la prima domanda che ti viene in mente. E questa è una cosa sulla quale chiedo ai miei studenti di riflettere quando pensano a un’idea per un servizio. Sei un cronista, prendi il tuo registratore, vai sul posto della tua storia, trovi qualcuno da intervistare e che cosa gli chiedi? Può sembrare elementare, ma è una cosa molto utile cui pensare, anche oggi per me. Letteralmente: qual è la domanda cui cerco risposta, o la storia che voglio udire? Se le domande sembrano naturali, è probabile che lì ci sia una storia. Ecco, come esempio, le domande sottostanti agli argomenti proposti da alcuni studenti per il loro primo servizio.

Come sei finito per la strada e senzatetto e come è successo poi che ne sei uscito diventando un professionista della cura mentale ben sistemato?

Che cosa pensavi degli ebrei israeliani prima di partecipare al campeggio della pace arabo-israeliano e come sono cambiate le tue idee al campo?

Qual è esattamente la differenza tra il karaoke punk rock e il semplice, vecchio punk rok?

Un attimo, dimmi di nuovo come è successo che hai fatto sesso nel camerino con la pop star di fama internazionale Yaoussou N’dour?

Non è detto che queste storie alla fine si concludano tutte con successo, ma tutte rispondono al primo prerequisito: c’è qualcosa di cui parlare. Allora paragoniamole a quella storia degli orti comunitari. Arrivi all’orto comunitario, trovi uno che ci lavora e che cosa gli chiedi? “Che cosa coltivi?” Risposta noiosa. “Da quanto tempo coltivi l’orto?” Risposta noiosa. “Perché coltivi l’orto?” Alta probabilità di risposta noiosa, probabilmente qualcosa del genere: “Mi sento in pace qui nel mio orto comunitario”, oppure: “Non c’è niente di meglio di un pomodoro cresciuto nell’orto”, o ancora: “Da dove vengo io coltiviamo un sacco gli orti”. Se vi fosse data la possibilità di scegliere tra un servizio che è stato fatto recentemente nel mio corso — “Che succede quando una ragazza di 16 anni fa la magnaccia'” — e “Da quanto tempo coltivi l’orto?”, voi che cosa preferireste?

Naturalmente, rispondere ai requisiti di base è solo il primo passo. Il fatto che qualcosa sia una storia, o assuma la forma di una storia, non vuol dire che sia una storia interessante. Per questo la seconda cosa che cerco di dire ai miei studenti è: non scegliete una storia solo perché l’avete già ascoltata. Dovete fare il contrario. Scegliete una storia perché è sorprendente. Prendete ad esempio la storia del senzatetto indicata qui sopra. E’ assolutamente possibile, anzi probabile, che la risposta alla nostra domanda sia più o meno di questo tenore: “Sono diventato un senzatetto perché ero dipendente dall’eroina poi sono riuscito ad allontanarmi dalla strada quanto finalmente ho accettato di farmi curare per la mia dipendenza. Vi potrei parlare del mio programma in 12 passi…”. Essendo una persona che ha visto gli effetti dei programmi in 12 passi su amici e famigliari, non intendo minimamente negarne l’utilità sociale se dico che non sono materia radiofonicamente molto eccitante. E’ una storia che ho udito altre volte, e non mi sorprende affatto.

Questo vuol dire che il mio studente non deve perseguire la sua storia sul senzatetto? Non necessariamente. Forse nella storia di questa persona si trova un angolino che non suona altrettanto familiare. Vale la pena sondare un po’ per vedere se c’è qualcosa in questo senso.

Ho sviluppato un test matematico per valutare se si è sulla strada giusta. Lo chiamo il test “e l’interessante è”. Tutto quello che devi fare è raccontare a qualcuno la storia di cui ti occupi, ma utilizzando in modo molto rigido la seguente formula: “Sto facendo una storia su X… e la cosa interessate in proposito è che Y”. Se prendiamo di nuovo come esempio la storia sul senzatetto: “Sto facendo una storia su un senzatetto che ha vissuto per strada dieci anni e la cosa interessante è che non ne è uscito finché non ha accettato di entrare nel programma di cura”. Strada sbagliata. Cerca la soluzione per un Y differente.

Y= “…e l’interessante è che c’è una piccola parte di lui che ha nostalgia di quand’era senza tetto”. Strada giusta

Y= “…e l’interessante è che, partendo dalla sua esperienza sulla strada, ha sviluppato sorprendenti e finora inedite proposte per il problema dei senzatetto”. Strada giusta.

Y= “…e l’interessante è che mentre era per la strada si è innamorato e ancora si tortura per quell’amore”. Strada giusta.

Y= “…e l’interessante è che da senzatetto ha ricevuto lezioni di vita importanti e sorprendenti, lezioni che applica regolarmente nel suo attuale lavoro di account manager per i fondi comunit Oppenheimer”. Strada giusta.

In altre parole, vattelapesca che cosa potreste scoprire. Non accontentatevi della storia che già conoscete. Scoprite il momento eccitante, o soprendente, o inusuale e focalizzate la storia su di esso.

Ci sono due cose da tenere a mente a questo proposito. Prima di tutto, molto spesso, le stesse persone oggetto del servizio cercheranno di raccontarvi le parti noiose. A volte la parte noiosa è l’unica che essi ritengono la più eccitante. E a volte la parte noiosa è quella che pensano di dover raccontare a un rappresentante dei media. In fondo sono anch’essi consumatori di media, hanno ascoltato la storia come viene generalmente raccontata e tendono a conformarsi a quella modalità di racconto. Potete tranquillamente interromperli. Potete tranquillamente dire: “In realtà, non mi interessa il programma in 12 passi, mi racconti piuttosto se ha mai avuto un rapporto affettivo quando si trovava sulla strada”. O qualcosa del genere. Raccomando ai miei studenti di far attenzione alla propria noia. Noi, gente della radio pubblica, siamo abituati ad essere interessati e curiosi per qualunque cosa e questo è buono. Ma se tu, una persona con una curiosità naturale per il mondo, ti annoi anche solo leggermente ad ascoltare quel che dice un tizio, è probabile che gli ascoltatori semplicemente spengano la radio.

La seconda cosa è la convinzione ingenua e pericolosa di tutti i principianti nella radio pubbica, il concetto idealistico che tutti abbiano una storia e che un abile producer della radio pubblica sia in grado di far vivere quella storia e farla “cantare” in onda. Sono d’accordo sul fatto che tutti hanno una storia, ma non è sempre vero che ogni storia sia interessante o che tutti siano capaci di raccontare, che sia quella storia che milioni di persone debbano ascoltare. Se state facendo un servizio sugli ex senzatetto e state intervistando una persona che non riesce a dirvi nulla di interessante o non riesce a ricordare particolari che valgano, andatevi a cercare un altro ex senzatetto. Oppure non abbiate paura di lasciar perdere e cambiare argomento. (…)

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