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Giornalismo a fumetti ci prova anche l’Italia

di    -    Pubblicato il 29/04/2009                 

Un'immagine di Persepolis

Da piccoli si aspetta con trepidazione l’uscita in edicola di Topolino, due ore settimanali di avventure nel mondo parallelo di Paperopoli. Poi, crescendo, ci si regala ogni tanto una parentesi di sogno a occhi aperti, solcando mari lontani con Corto Maltese o affrontando incubi immaginari e rassicuranti con Dylan Dog. Ma chi si metterebbe a leggere fumetti per informarsi? Eppure all’estero esiste il graphic journalism, il giornalismo a fumetti, e da alcuni anni qualcosa si sta muovendo anche in Italia.

Il “graphic journalism all’italiana” è nato sulla scorta dei reportage grafici dell’americano Joe Sacco, della fortuna mondiale dell’autobiografia-storica disegnata da Marjane Satrapi, Persepolis (dalla quale è stato tratto l’omonimo film), e di esperimenti fortunati come il lavoro degli americani Sid Jacobson e Ernie Colón9/11, il rapporto illustrato della commissione americana sugli attacchi terroristici dell’11 settembre”.

Per trovare giornalismo a fumetti in Italia bisogna lasciar perdere quotidiani e periodici e rivolgersi alla piccola editoria libraria.

Il 19 marzo, nel quindicesimo anniversario della morte del “sacerdote anti-camorra”, è uscito in 2000 copie “Don Peppe Diana, per amore del mio popolo”, prima pubblicazione di una nuova collana di “giornalismo civile a fumetti” della casa editrice Round Robin. Curatore del libro, insieme allo sceneggiatore Francesco Matteuzzi, è il giornalista di La nuova ecologia Raffaele Lupoli.

“Abbiamo voluto scommettere sul fumetto – dice Lupoli – per avvicinare anche i giovani, utilizzando un linguaggio meno complesso e più immediato rispetto a quello del giornalismo d’inchiesta o alla saggistica. Ma il lavoro di preparazione del libro è assolutamente giornalistico: oltre a studiare tutta la bibliografia su don Diana, i ritagli di giornale, le sentenze, abbiamo fatto nuove interviste, riprese e fotografie. Così siamo riusciti a rappresentare per la prima volta la Madonna della camorra, di cui abbiamo ritrovato una vecchia foto in bianco e nero, che compare come inserto in un’illustrazione”.

Più consolidata la realtà della casa editrice BeccoGiallo, di Treviso. Dal 2004 si occupa di giornalismo a fumetti, e approfondisce e divulga fatti di cronaca o della memoria storica più recente attraverso i comics. Ormai ha in catalogo molti titoli (con una tiratura media di 2000/2500 copie) sui temi più disparati: dal massacro del Circeo, al terremoto in Friuli, al delitto Pasolini. Il 9 maggio uscirà, in 3500 copie, “Peppino Impastato, un giullare contro la mafia”, a cura di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso.

Claudio Calia è uno degli autori che lavora per BeccoGiallo. Tra le altre cose ha scritto e disegnato “Porto Marghera, La legge non è uguale per tutti” e “È primavera. Intervista a Antonio Negri”, probabilmente la prima intervista a fumetti, escludendo alcuni inserti – più che altro artifici narrativi – in Maus, del vincitore del Pulitzer Art Spiegelman, e nei lavori di Joe Sacco.

Calia ha cominciato disegnando una striscia di cronaca quotidiana dal G8 di Genova, nel 2001. Le spediva via fax a L’ora di Palermo (che in quegli anni era tornata per un breve periodo nelle edicole, dopo il fallimento del 1992). Calia nel 2000 aveva frequentato un corso di fumetto a Ravenna, tenuto da Joe Sacco (proprio lui); all’autore americano Calia si ispira quando auspica per l’Italia un giornalismo di strisce a fumetti quotidiane, diverse dalle vignette satiriche, che svolgano la funzione di articoli di fondo, “come negli Usa Doonesbury”.

In realtà dopo la parentesi fortunata all’Ora, Calia non ha mai più trovato “molta apertura mentale”: a parte alcune collaborazioni saltuarie con la Tribuna di Treviso, che pubblicava le sue vignette più che altro con funzione esplicativa, come si usano le fotografie, l’autore ha lasciato i quotidiani e ha iniziato a collaborare con BeccoGiallo, convinto che la forza della casa editrice sia “la velocità con cui, leggendo uno dei suoi graphic journalism, ci si riesce a formare un’opinione”.

L’unica testata periodica che in Italia si occupa di graphic journalis, è Internazionale, che gli dedica due pagine a numero. Ma si tratta di una testata particolare, che raccoglie “ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo”. “Da noi le novità arrivano sempre dopo, mancano la carica e il coraggio per scommettere in progetti d’avanguardia”, dice Francesco Boille, che si occupa di comics per Internazionale.

Dal 2007 Internazionale ha creato un appuntamento fisso (prima le collaborazioni erano saltuarie) con il fumetto: ogni settimana nella sezione graphic journalism, un artista diverso invia una cartolina, raccontando con parole e immagini il luogo da cui scrive. Gli autori non sono giornalisti, ma creativi e illustratori che realizzano reportage grafici molto diversi tra loro.

“Alcuni di loro, come Joe Sacco, hanno un approccio di tipo anglosassone anche quando disegnano – spiega Boille – e mantengono ben separati i fatti da tutto il resto; altri tendono a trasfigurare il reale, e raccontano il loro quotidiano, che è però esemplificativo del contesto in cui vivono; altri ancora utilizzano un tratto grafico surreale e allegorico, a volte quasi teatrale, ma intanto raccontano fatti estremamente reali e documentati”.

Su Internazionale viene anche pubblicata “la settimana di gipi”, una striscia verticale tra le notizie della settimana, disegnata da Gipi, uno degli autori italiani di fumetti più famoso all’estero. La striscia ha una funzione di commento simile – seppure in immagini – a quella dell’Amaca di Michele Serra sulla Repubblica.

Un altro interessante esperimento, questa volta televisivo, è quello ideato dal disegnatore Emanuele Fucecchi, visto su Tetris, la trasmissione in onda su LA7. Fucecchi realizza dei “video a fumetti” su vicende della politica italiana. Indaga i retroscena (basandosi per lo più su lavori giornalistici) e li riporta disegnandoli. Una voce narrante legge le parole scritte, e la musica commenta e sottolinea. “Ho mantenuto un certo sapore grottesco, specialmente nei ritratti dei protagonisti, ma – spiega Fucecchi – il mio tentativo è realizzare qualcosa di diverso dalla satira, un racconto il più possibile fedele di fatti realmente accaduti”. E’ Graphic journalism?

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