Il cittadino italiano, da quasi un anno, ha qualche diritto in più nei confronti della Pubblica amministrazione e questa ha qualche obbligo in più di trasparenza. Senza che se ne sia parlato molto, è passato il principio che gli atti ufficiali siano accessibili a tutti. Le norme sono contenute nella cosiddetta Legge Brunetta entrata in vigore a marzo scorso, modificata con un emendamento presentato da un parlamentare dell’opposizione, il senatore Pietro Ichino.
Non è ancora chiaro come si tradurrà in concreto, ma è certo che l’articolo 4 della legge stabilisce questi principi:
- a trasparenza “intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet” di tutti i dati e le informazioni sull’organizzazione e l’andamento delle amministrazioni (comma settimo)
- “le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale” (comma nono)
- full disclosure, ossia “accessibilità totale” di tutte le informazioni riguardanti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni
“La norma entrata in vigore con l’art. 4 della legge n. 15/2009 consente a chiunque di accedere e ottenere le informazioni riguardanti l’organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni – spiega il Senatore Pietro Ichino al Ducato Online – Certo, non è precisa e analitica come il Freedom of Information Act britannico o statunitense, ma sancisce il principio. Altre norme impongono poi a ciascuna amministrazione di promuovere attivamente la conoscibilità di tutti i dati relativi al proprio funzionamento”.
Mentre infatti negli Usa, nel Regno unito, in Svezia e in altri Paesi già da tempo il diritto all’accesso è garantito a tutti, divenendo in tal modo uno strumento di controllo dell’attività amministrativa e di partecipazione dei cittadini, gli italiani devono dimostrare di avere un “interesse legittimo”, se vogliono ottenere in visione dei documenti. Inoltre l’amministrazione si è frequentemente fatta scudo della normativa sulla tutela della privacy per mantenere il segreto sul proprio operato. Queste nuove norme dovrebbero impedirlo per il futuro.
Grazie alla legge Brunetta ora anche il Italia qualcosa potrebbe cambiare.
Per il momento si tratta solo di un principio generale, di cui ancora bisogna studiare la concreta applicazione, ma è pur sempre un inizio cui non è stato semplice arrivare. Le tribolazioni cui è stato sottoposto l’emendamento del senatore Ichino lo testimoniano.
“Poco dopo l’entrata in vigore della legge Brunetta – racconta Ichino – un senatore del Pdl, Filippo Salatamartini, presentò un emendamento al disegno di legge n. 1167 (collegato alla Finanziaria), che aveva sostanzialmente un valore soppressivo del mio emendamento al d.d.l. Brunetta (846/2008). Io denunciai la cosa sul Corriere della Sera; ne seguì un breve dibattito pubblico, all’esito del quale Saltamartini accettò di ritirare l’emendamento e di lavorare insieme a me a un altro emendamento, che migliorasse la formulazione della norma. Abbiamo effettivamente lavorato a questo nuovo emendamento, anche con l’Autorità Garante della Protezione dei Dati Personali, e ne è venuto fuori un emendamento Saltamartini, sempre al d.d.l. n. 1167, assai ben formulato, che è stato approvato all’unanimità in Commissione”.
Nel passaggio dalla Commissione all’Aula però, la formulazione dell’emendamento è stata alterata dagli uffici. Racconta ancora Ichino:
“La frase di cui all’art 15: ‘Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dalle amministrazioni di appartenenza’, è stata modificata in ‘Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili alle amministrazioni di appartenenza’, col risultato di azzerarne il significato. Per evitare questo risultato, nel novembre scorso ho dovuto presentare in Aula un emendamento per sostituire di nuovo alle con dalle: emendamento che è stato di nuovo approvato all’unanimità”.
Incidenti di percorso che il senatore considera “manifestazioni della sorda resistenza degli apparati ministeriali contro la norma già inserita nella legge Brunetta”, peraltro già in vigore. Resistenza che dovrà essere vinta anche dall’azione della nuova autorità indipendente istituita dalla stessa legge (Commissione per la Trasparenza la Valutazione e l’Integrità delle Amministrazioni).
Intanto il d.d.l. n. 1167, che è stato poi approvato anche alla Camera con qualche cambiamento ma senza che la disposizione sulla full disclosure fosse modificata, è tornato ora al Senato, dove dovrebbe essere discusso e probabilmente approvato entro la fine di febbraio.
Servizi collegati:
Troppi documenti segreti. La Fnsi per la libertà di conoscere (DOSSIER DUCATO ONLINE)
[…] Il punto è centrale. Non è soltanto una questione di pratiche professionali, ma anche di disponibilità dei dati. E se non cominciamo a raccoglierli, a chiedere che vengano messi a disposizione e a pretendere che diventino un bene pubblico, come già in altre nazioni che prima di noi si sono confrontate con le opportunità e i rischi della società digitale, non faremo mai passi avanti in questo settore. E dunque: Verso le autorità pubbliche si tratta di far comprendere che i dati e i documenti sono – tranne eccezioni – patrimonio dei cittadini e che devono essere resi disponibili rendendone più facile il reperimento. Da una parte c’è da andare verso una legislazione e – specialmente – una prassi che si ispiri al Freedom of Information Act americano (FOIA): l’Italia, come è noto, è molto indietro in questo, ma da un anno il principio – sia pur solo il principio – è stato affermato dal legislatore: un emendamento alla cosiddetta Legge Brunetta sulla pubblica amministrazione ha infatti stabilito […]
[…] aveva provato anche Pietro Ichino ai tempi della legge Brunetta sulla semplificazione e digitalizzazione delle […]