URBINO – L’utopia del nostro tempo è quella di un Paese che investa nella lettura. Perché la letteratura può salvarci. E’ uno degli spunti di riflessione offerti dal quarto appuntamento coi “Dialoghi dell’utopia”, ciclo di incontri organizzati dal laboratorio di ricerca Larica dell’Università di Urbino.
A ragionare sul rapporto fra letteratura e utopia sono stati Piero Dorfles, critico letterario e giornalista di Rai3, Filippo La Porta, critico letterario e Loretta Del Tutto, docente dell’Ateneo.
Intervista a Filippo La Porta
Nel suo libro Meno letteratura per favore parla di una “beffarda rivincita della letteratura”, che costruisce finti intellettuali del nostro tempo. Come può avvenire una reale “rivincita della letteratura” oggi?
La rinascita della letteratura è possibile con lettori diversi da quelli di oggi, che si pongano in modo diverso rispetto ai libri, che non leggano solo per autoconferma, per consumare un’esperienza, ma che usino la letteratura per capire il mondo, per interpretare la realtà, per avere un atteggiamento critico verso le cose.
Come si forma questo lettore?
Si deve investire di più nella scuola, nella formazione, nella promozione della lettura. Ma tutto questo non è tanto pianificabile. Nella mia personale utopia chiunque ha un suo nucleo “incandescente” di capacità conoscitiva, di immaginazione utopica. Anche nel mondo più distopico, più barbarico, può succedere che nel contatto col libro questo nucleo venga riattivato, risvegliato. Può succedere che un lettore abbia in mano Anna Karenina, Madame Bovary o I Promessi Sposi e riesca a devitalizzare quel nucleo critico, quasi eversivo, perché la letteratura mette sempre in discussione la nostra idea convenzionale.
Intervista a Piero Dorfles
La letteratura aiuta l’uomo a immaginare l’utopia?
L’utopia aiuta l’uomo a immaginare la letteratura, le due cose sono quasi connaturate: utopia è letteratura ma anche letteratura è utopia. Senza letteratura non ci sarebbe utopia, poiché essa è un racconto è un ipotesi narrata di tutto ciò che dovrebbe essere. D’altra parte una letteratura che non fosse capace di pensiero, di progetto di un qualcosa che va al di là della semplice rappresentazione dell’oggi che letteratura sarebbe?
La letteratura ha creato utopie pericolose nella storia?
Le utopie realizzate nel corso del Novecento hanno sicuramente una loro origine letteraria perchè tutte le utopie tradizionali da Platone in poi immaginano un mondo in cui viene imposto un ordine che non necessariamente è condiviso dalla popolazione. Però dentro a questo modello noi possiamo immaginare soltanto una proposta se poi viene applicata questo è colpa di noi uomini che non siamo stati capaci di cogliere i limiti che tutti i totalitarismi hanno.
Quanto la letteratura di oggi ha perso l’utopia?
La letteratura vera e propria cioè il romanzo inteso come quella forma che nasce alla fine del Settecento in modo più o meno compiuto non sia mai stato realmente utopistico ma è stato casomai distopico cioè una rappresentazione negativa di quello che potrebbe essere il nostro futturo, il nostro progetto sociale. Credo che le caratteristiche principali del romanzo di solito siano quelle di rappresentare le contraddizioni che l’utopia può portare piuttosto che quello che di nuovo si può immaginare esista in un progetto sociale autoritario.