L’idea di una video-enciclopedia che riassumesse ogni aspetto della conoscenza non è nuova. Già nel 1987 la Rai aveva cominciato a lavorare a un’Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, sotto la direzione di Renato Parascandolo, che oggi conta oltre 2000 lezioni e interviste a personaggi di tutto il mondo.
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Un progetto simile a Ovo è Qwiki, creato da Eduardo Saverin, uno dei creatori di Facebook. Comparando Qwiki e Ovo però si nota subito una macrodifferenza: i contenuti e i video di Qwiki sono realizzati dagli utenti, come per Wikipedia, mentre per Ovo lavorano solo professionisti stipendiati, che realizzano dei video di alta qualità grafica e artistica.
Tradotto: per Ovo ci vogliono molti più soldi. Per questo quando ha cominciato, nel 2010 aveva 400 voci, mentre Qwiki al suo ingresso in rete ne contava tre milioni. Un progetto che Gianpaolo colletti, co-fondatore dell’osservatorio sulle business tv della Bocconi, analizza così.
Ci sono degli elementi innovativi in Ovo?
“L’elemento nuovo di Ovo è la qualità delle videoclip. La sfida ora è superare la barriera del linguaggio, che è ancora il grande limite dei prodotti italiani. In questo senso quindi hanno lavorato per un uso spinto della grafica e degli elementi visivi di impatto per un linguaggio semiotico internazionale e per questo stanno traducendo le clip in inglese”.
La distribuzione pubblicitaria segue la logica di Google e del web 3.0, questa non è una novità….
“Si, la logica è quella del web 3.0 e della tagcloud, cioè nuvole di contenuti e di aree tematiche alle quali associare il proprio prodotto. Non più gli utenti collegati tra loro come nel web 2.0, ma le tematiche collegate anche agli utenti. Questa è la direzione in cui sta andando tutta la pubblicità online. In questo senso è una leva strategica, in quanto raggiunge comunità molto ristrette ma molto definite, le microcommunity. Sono queste il valore fondante del progetto Ovo”.
Ai tempi di Wikipedia, non rappresenta un passo indietro la chiusura totale agli utenti, nella classica logica della enciclopedia Treccani?
“Paradossalmente è un passo indietro per fare un passo avanti. Abbiamo passato la fase di ubriacatura del web 2.0 nella quale ogni contenuto poteva essere generato dagli utenti. Uno dei punti di maggior critica dal mio osservatorio è la credibilità delle fonti e la necessità di fonti accreditate. In futuro avremo comunità ristrette chiuse ai contenuti dell’utente. Già oggi si stanno moltiplicando, nel senso che vi si può accedere o per invito o se si hanno determinate credenziali per produrre contenuti. Reputo positivo che solo chi conosca la materia sia abilitato: non necessariamente ogni cittadino può farlo, lo può fare se ha determinate capacità . Quindi credo che questo sia l’aspetto positivo, un’evoluzione della professionalità”.
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