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Assalto alla spesa, scaffali vuoti e rifornimenti a singhiozzo

di    -    Pubblicato il 6/02/2012                 
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Uno dei tanti scaffali vuoti in città

Uno dei tanti scaffali vuoti in città

di Stefania Carboni

Zaino in spalla e tanta pazienza. Quello che sembra il necessario per una escursione è in realtà quello che serve per fare la spesa in questi giorni a Urbino. Scaffali sempre più vuoti, con rifornimenti a singhiozzo che arrivano da magazzini e piccoli distributori locali. “Ci riforniamo dal Sasso e diffondiamo la merce di Conad in Conad – racconta il gestore del punto al centro – Il problema sono i beni trasportati dai tir più grandi che ancora non posso viaggiare. Riusciamo a fare quel che si può, usando pulmini più piccoli”.

I GRANDI ASSENTI. Sui ripiani a mancare sono i beni primari: farina, uova, latte in scatola, carta igienica, pane. I clienti hanno fatto anche il pieno di biscotti e cracker. Frutta e verdura sono arrivate stamattina e non manca anche nei piccoli negozi. I surgelati invece sono scomparsi e i banchi frigo sono sempre più vuoti. Chiusa anche la pescheria del centro.

Al contrario le macellerie sono aperte e piene di clienti. “In dieci minuti è sparito tutto – racconta un macellaio Conad – forse ci sarà un rifornimento più tardi all’ora di pranzo e un altro questo pomeriggio”. A dare una mano sui rifornimenti sono i contadini e gli allevatori della zona e chi si organizza con piccoli mezzi di trasporto. “Hanno fatto fuori anche la passata di pomodoro – aggiunge un commerciante di via Cesare Battisti – io sto finendo le scorte di magazzino, assurdo che ancora non si parli di come si viva qui, piuttosto che a Roma”.

GRANDI FILE. Quello che sorprende sono le casse, tutte aperte e con un continuo flusso di persone che riempono buste e prendono il necessario, sia nei grandi che nei piccoli rivenditori. Le offerte scarseggiano e certi prezzi lievitano. Per un cespo di insalata e alcuni pomodori si arriva a pagare quasi tre euro, mentre per due fettine e un pò di macinato si possono sfiorare gli otto. “Quando c’è stato il blackout ho chiesto delle candele, ma erano rimaste solo quelle profumate. Costavano 2,50 euro l’una – racconta uno studente – ho preferito rimanere al buio”.

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