URBINO – E’ piena la Sala Serpieri del Collegio Raffaello. Giovani e anziani per discutere di diritti, da tutelare e da conquistare. Si alza in piedi Amato Palazzi dello Spi Cgil Urbino per prendere la parola e ricordare tutti gli anni passati nel sindacato, a lottare, a conquistare diritto dopo diritto, per il bene della collettività, dei lavoratori: “Negli anni ’60 a Urbino c’era la mezzadria. Ricordo la Fornace Volponi e il Montefeltro che si è industrializzato. E noi abbiamo iniziato le prime lotte sindacali”. Mai come in questo momento la Cgil riscopre il significato della battaglia. “Proprio ora che stanno cercando di eliminare uno degli articoli più importanti, l‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – continua Palazzi – ora che stanno camminando contro i lavoratori, i pensionati e i giovani, bisognerebbe recuperare un’unità sindacale e lottare tutti insieme”.
In platea qualcuno dice che i lavoratori dovrebbero rivoltare i tavoli, mentre il professor Stefano Azzarà dice che se un attacco come questo, a un diritto inalienabile, fosse accaduto trent’anni fa “avremmo occupato tutti insieme le fabbriche”.
L’incontro “Diritti da tutelare, diritti da conquistare” doveva fare il punto sullo scontro intergenerazionale tra le nuove generazioni di precari e i pensionati. Ma gran parte del dibattito si è invece incentrato sul tema che per giorni e giorni ha occupato le prime pagine dei giornali: la riforma dell’articolo 18.
Così il discorso ha svoltato sul fatto che spetta ai pensionati conservare la memoria delle lotte passate, mentre i giovani devono essere la leva per le battaglie presenti e per le prossime.
“La Cgil ha un’idea ‘diversa’ del mercato del lavoro rispetto a quello che ci si sta prospettando – dice Loredana Longhin, segretaria confederale Cgil di Pesaro Urbino – tutto è ancora sul tavolo e quello che il governo sta facendo non ci convince, è insufficiente. La riforma del mercato del lavoro non darà una risposta ai giovani sulla crezione di posti di lavoro. Servono politiche che rilancino l’occupazione di qualità, quella che unisce i diritti e i doveri del lavoratore”.
Un binomio, quello di lavoro e diritti, che ormai non è più una garanzia. Il diritto al lavoro e l’articolo quattro della Costituzione, prima ancora dell’articolo 18, è diventato più “un auspicio”, dice il professor Stefano Raia, docente di Sociologia del lavoro all’Università di Urbino Carlo Bo. E una promessa da marinaio dei vari politici, da spendere in campagna elettorale, più che una promessa da mantenere per il bene delle giovani generazioni e quindi per l’Italia declinata al presente come proiettata verso il futuro.
I giovani. “Tutti aggrappati a una selva di contratti atipici”, sottolinea Jacopo Cesari, responsabile del Servizio orientamento lavoro della Cgil. I ragazzi che si affacciano al mondo del lavoro nuotano nell’insicurezza sociale, che va dallo sfruttamento da parte dei datori di lavoro attraverso il ‘ tirocinio’ alla miriade di forme contrattuali con le quali non si potrebbe mettere su famiglia, prendere una casa in affitto, ma neppure “comprare una macchina a rate”, dice esasperato un giovane laureato dalla platea. “I ragazzi sono considerati meno occupabili e forse meno competitivi di una persona con esperienza – sottolinea Raia – si chiama domanda a bassa innovazione e considera gli anziani migliori dei giovani, semplicemente perchè si concepisce il lavoro in maniera non innovativa”.
A chiudere il dibattito ci pensa Carla Cantone, la segretaria nazionale dello Spi Cgil: “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, così dice la Costituzione, e quindi deve essere considerato un ‘diritto’ e non un ‘privilegio’. Perciò la Cgil si oppone all’abolizione dell’articolo 18 e chiede di intervenire per ridurre la precarietà, la piaga dei giovani di oggi. Si sta chiedendo equità e sviluppo per contrastare la crisi”.