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“Grazie al nevone, le mie memorie”. I personaggi ‘sfiorati’ di Vescarelli

di    -    Pubblicato il 8/02/2013                 
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Giorgio Vescarelli legge un passo della sua ultima opera.

URBINO – Un libro nato sotto il nevone: è “Marlene, Picasso e altri. Gli sfiorati” dello scrittore urbinate Giorgio Vescarelli, che verrà presentato domani al Circolo culturale cittadino. Nell’opera Vescarelli ripercorre gli incontri importanti della sua vita, avvenuti anche tra le mura di Urbino.  Lo incontriamo nella sala dove avverrà la presentazione.

Signor Vescarelli, come è nato questo libro?
“L’anno scorso, di questi tempi, ero rimasto bloccato in casa per la neve: abito in un vicolo stretto, non viene mai nessuno a pulirlo. Mi annoiavo, e quindi ho iniziato a ripensare agli incontri che avevo avuto nei miei 86 anni. Ho deciso di prendere una cassetta e raccontarli, a voce; mi sono detto: ‘Vediamo cosa ne viene fuori!’. Ma si trattava ancora di un libro parlato. Poi ho sbobinato i nastri e ho riportato le storie per iscritto, nello stesso ordine in cui le avevo registrate.”

E le foto?
“Ho aggiunto le foto per documentare i racconti, altrimenti si potrebbe pensare che siano frutto della mia fantasia. Ho attinto alla mia piccola riserva di foto d’epoca e all’archivio del comune. Per la copertina, invece, serviva qualcosa che attirasse l’attenzione: mi è venuto in mente che a casa, nel mio salotto, ho un quadro bellissimo di mia moglie, che è scomparsa 20 anni fa. Ho deciso di usare quello”. Si tratta di ‘Ritratto di Liliana’, di Annibale Scaroni, 1949.

Nel titolo si parla di “sfiorati”. Cosa significa?
“Le persone del libro sono ‘sfiorate’, nel senso che il mio rapporto con loro è superficiale: il mio scopo era il racconto ci ciò che avevo visto e vissuto, senza i commenti e senza l’indagine dei personaggi. Il titolo originale a cui avevo pensato, infatti, era “Parlando con gli sfiorati”. Non sono tutte persone famose, alcune le conoscevo di più, altre di meno. Tra di loro, Carlo Bo è stato il mio vero maestro, in tutti i sensi. Anche lui veniva a sedersi qui: c’è il suo ritratto appeso qui dietro”.

Nella prefazione Gastone Mosci scrive che Urbino, nella sua opera, è “il sogno permanente”. Che valore ha questa città per lei?
“E’ un rapporto di odio-amore. Il primo libro che ho scritto è stato “Fuga da Urbino”, perché quando ero giovane questa città mi stava stretta: subito dopo la guerra, l’economia era in difficoltà, c’era la crisi, le strade erano piene di sbandati… un po’ come oggi! Ho viaggiato e ho lavorato a Milano per 40 anni, poi sono tornato per stare accanto ai miei parenti.”

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