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Il Comune non dà spazi. E gli artisti di strada si prendono Urbino

di    -    Pubblicato il 26/02/2013                 
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URBINO – La pace tra uomini e alieni, la gigantografia di Bruce Lee e un cane da guardia innamorato. Sono alcuni dei graffiti raccolti tra le strade di Urbino: opere un po’ dadaiste messe al bando come “l’Arte Degenerata”.

I writers di Urbino non hanno uno spazio proprio e aspettano che scenda l’oscurità per fare dei muri cittadini le proprie tele. La giunta non ha in cantiere, per ora, iniziative per valorizzare la street art. “Urbino è patrimonio dell’Unesco” dice il portavoce del comune Gabriele Cavalera, “non ha bisogno di graffiti”. E continua: “Paghiamo periodicamente per ripulire i muri della città. Per noi però il vandalismo urbano non è un grande problema”. Se non fosse che questo ‘inconveniente’ potrebbe diventare un’occasione: la candidatura della città ducale a capitale europea della cultura per il 2019 sarebbe un’ottima opportunità per talenti locali, nazionali e internazionali.

Fotogalleria: i graffiti nascosti tra i vicoli di Urbino

Mappa: le opere nascoste tra i vicoli

La sensibilità all’arte cambia a seconda dei tempi e la sfida è saper far convivere il passato con la modernità. Le opinioni tra i giovani studenti dell’Isia, però, sono discordanti: c’è chi sostiene che i graffiti siano “una moda americana, estranea alla nostra cultura” e chi, invece, pensa che la città debba essere un luogo vivo e  che “i graffiti servono proprio a questo”.

In Italia la sottocultura dell’arte urbana è cresciuta e negli ultimi anni molte città hanno deciso di usare i graffittari per riqualificare zone degradate o semplicemente per abbellire il centro cittadino. Alla base di questa scelta c’è la necessità di sensibilizzare i giovani sul vandalismo urbano e sul rispetto della collettività. Nel 2010 la presidenza del Consiglio dei ministri, insieme all’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) ha deciso di sponsorizzare il progetto “Contro il vandalismo in città, a favore della creatività urbana”. Lo scopo: far uscire il writing dal vandalismo, pagando gli artisti per le loro opere. In quel caso, Ravenna, Latina, Foggia, Padova, Civitavecchia e Teramo hanno ricevuto 50.000 euro di finanziamento; Campobasso 40.000 euro e Imperia 15.000 euro. Alcune di queste opere sono visibili sul sito www.Italiangraffiti.com.

A monitorare questo progetto è stato Inward, un gruppo internazionale di esperti che opera per la valorizzazione della creatività urbana. Secondo il direttore, Luca Borriello: “La street art è un modo per dare prestigio ai centri urbani. Non può esistere in Europa una città veramente all’avanguardia in campo artistico che non riconosca questo”. Inward ha creato e coordina la prima rete internazionale di organizzazioni che lavorano con la creatività urbana; tra le prime adesioni ci sono il Ground Release di Londra, il Moga di New York, l’Artaq di Parigi e la Gau del Cultural Heritage Department di Lisbona. Sempre secondo Borriello, in merito alla candidatura di Urbino a capitale europea della cultura, “Urbino è una città di notevole prestigio e se dovesse orientare le proprie scelte politiche verso forme di valorizzazione della creatività urbana, soprattutto nazionale, saremmo pronti a collaborare”.

Un esperimento unico di arte urbana arriva da una delle città partner di Inward, Lisbona. Qui, in particolare nel quartiere del Bairro Alto (epicentro della vita notturna) è nato il primo museo di strada, il ‘Museu Efémero’. Questo progetto, inaugurato nel 2008, ha selezionato 33 murales sparsi tra i vicoli del quartiere e li ha inseriti in una mappa online. È un museo ‘effimero’ perché le opere si rinnovano di continuo, in linea con il cambiamento della sensibilità moderna.

Per trovare ottimi artisti non bisogna andare all’estero. Alcuni hanno fatto fortuna e hanno trovato riconoscimento in Italia, come Luigi Muratore, alias Raptuz (le cui opere sono visualizzabili sul sito www.Raptuz .com), che riceve commesse da città di tutto il Paese. Secondo Raptuz i comuni “fanno carte false” per ingaggiare i graffittari che ora sono famosi.

Neanche la generazione di Raptuz, prima di raggiungere successo, aveva un luogo dove esprimersi: “Non avevamo spazi nostri, quindi ce li prendevamo”.

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