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Viaggio nei sotterranei di Urbino con il romanzo di Marcello Simoni

di    -    Pubblicato il 14/03/2013                 
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Tiziano Mancini, Marcello Simoni e Michele Betti

URBINO – Nella Urbino del 1789, le impalcature sorreggono il soffitto della cattedrale deturpato da un enorme buco, eredità del terremoto del 30 settembre. Dal centro passa un fascio di luce che, unendosi alla neve, illumina il cadavere di un professore.  Con l’uccisione di professor Lamberti inizia I sotterranei della cattedrale, l’ultimo libro di Marcello Simoni, già vincitore del premio bancarella 2012.

“Questo libro l’ho letto in meno di due ore perché sembrava che l’avessimo scritto noi”, confessa Michele Betti del gruppo speleologico di Urbino intervenendo alla presentazione che si è tenuta ieri al Collegio Raffaello. Buona parte dell’opera è ambientata infatti nel sottosuolo della città ducale, tra gli acquedotti della Roma imperiale scoperti recentemente dal gruppo.

Il lavoro di Michele Betti e dei suoi colleghi è stato molto utile per la stesura del romanzo. Marcello Simoni non conosceva la città. L’idea è nata durante un incontro dell’associazione Urbinoir, organizzatrice dell’evento, nel quale, spiega Simoni, si parlava di letteratura e archeologia, le sue due grandi passioni.

“Anche la Urbino della superficie ha una certa componente umbratile – spiega l’autore – i vicoli stretti, le arcate, tutte queste strutture urbane che acquisiscono maggiore fascino durante la notte. Nel mio romanzo la neve fa da contrasto con l’oscurità”.

Un giallo il cui protagonista, Vitale Federici, un giovane professore di filosofia, si impegna a risolvere una serie di omicidi negli ambienti della curia ducale e dell’università, tra i quali quello, di fantasia, di Monsignor Albani. L’erudito detective deve districarsi tra una serie di enigmi della simbologia classica e religiosa, come per esempio la scala frigia.

L’ambientazione è di fine ‘700, non l’epoca d’oro di Federico da Montefeltro, ma un periodo nel quale la città si trovava sotto il dominio papale. Due secoli dopo la morte del Duca. Una scelta originale, “un convergere di elementi” spiega l’autore che vede nel protagonista del romanzo “una sorta di Sherlock Holmes del ‘700, epoca che si prestava, in quanto epoca dei lumi e della ragione”.

La vicenda del terremoto che colpì Urbino nel 1789 è l’altro elemento di partenza del romanzo. In quel periodo, infatti, iniziarono i lavori per la ricostruzione la cattedrale.  Inoltre l’ ateneo urbinate già inizia a svilupparsi e ad avere una sua storia alle sue spalle.

Marcello Simoni descrive Vitale Federici come un incontro ideale tra Sherlock Holmes, con il suo carattere dubitativo e razionale, e Federico da Montefeltro, con la sua cultura, rappresentata dalla sua misteriosa biblioteca e la sua nobiltà decaduta. Altri personaggi realmente esistiti, come Monsignor Albani, allora rettore dell’ateneo, sono stati reinventati attraverso lo studio dei quadri dell’epoca, con una grande attenzione agli elementi di stile – spiega l’autore – come le parrucche, le marsine, il tabagismo diffuso e gli oggetti usati per fumare, come le pipe. Un aspetto curioso,  questo, che unisce idealmente la storia dei rettori di Urbino dalla pipa di Monsignor Albani alle sigarette di Stefano Pivato, passando per il proverbiale sigaro di Carlo Bo.

L’autore anticipa: “Ho già dei lettori che mi chiedono quando uscirà un nuovo romanzo con Vitale Federici a Urbino. Vitale magari avrà qualche anno in più, sarà più smaliziato e avrà imparato a trattare meglio le donne. Un po’ più Sherlock Holmes, ma anche un po’ più Casanova“.

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