URBINO – Dall’università al lavoro il passo non è mai stato così breve per i restauratori italiani. Il primo ciclo del corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei beni culturali si è concluso tra ieri e questa mattina per 22 studenti che vedono da subito valida la loro abilitazione professionale. È il primo caso in Italia. Urbino precede tutte le altre università e scuole di alta formazione del paese, come quelle di Firenze e Roma.
La storia della scuola di restauro di Urbino è relativamente recente. Nata nel 2001 con un corso di laurea triennale, si è allargata nel 2004 ai corsi magistrali per poi arrivare, nel 2010, a un corso quinquennale a ciclo unico abilitante per i restauratori. E da questo corso escono fuori i primi 22 laureati italiani direttamente abilitati alla professione.
A spiegarci il funzionamento della scuola è Laura Baratin, professoressa del corso di laurea magistrale. “Attualmente, la scuola si struttura su due percorsi, uno che riguarda le tele e un altro sugli apparati lignei. La speranza è quella di allargare gli orizzonti a dipinti murali e mosaici già dall’anno prossimo”.
L’accreditamento professionale, per il momento esclusiva di Urbino, è arrivato dal ministero dei Beni culturali e da quello dell’Università. Il corso di laurea è a numero programmato e ristretto a soli dieci studenti per anno, “in modo da poter lavorare più accuratamente con ognuno di loro”. Questi studenti, il cui numero totale considerando gli ex triennalisti è di 72 ragazzi, vengono seguiti quotidianamente da alcuni tutor professionali nella fase pratica e dai docenti dell’ateneo per la parte teorica.
Ma come funzione questa professione? Ce lo spiega Agnese Maltoni, fresca laureata con 110 e lode con una tesi sul restauro di un’opera del Barocci: “Non esiste un albo, ma solamente una lista degli iscritti. Finora gli iscritti provenivano dalle botteghe, e sono stati riconosciuti grazie a una recente sanatoria, ma ora, finalmente, si avrà una regolamentazione più definita grazie a scuole e università”.
Il dubbio che sorge è che queste scuole non siano poi in grado di inserire nel mondo del lavoro i loro giovani laureati. Ma quello che ci racconta Agnese dimostra il contrario: “Molti dei miei colleghi lavoravano già prima di entrare qua dentro. Altri hanno trovato qualche lavoro temporaneo e io, fortunatamente, sto per iniziare una collaborazione a Torino che durerà sette mesi”. Non è un momento facile, spiega Agnese. “In Italia non ci sono finanziamenti, ma andare a lavorare all’estero è meno bello, non ci sono le grandi opere che abbiamo qua”. Il sogno, allora, è quello di aprire un’azienda con i suoi colleghi della scuola, chissà che non sia il miglior modo per aumentare le retribuzioni minime che vengono offerte ai restauratori in questo periodo.