URBINO – Si conclude oggi, almeno per ora, la vicenda di Giulia, la bimba di Fermignano che, secondo l’accusa, ha ricevuto molestie verbali da Giovanni Paoloni, anche lui di Fermignano, prima il 22 febbraio 2010, da sola, poi il 22 giugno dello stesso anno, alla presenza di altri minori. All’epoca dei fatti Giulia aveva undici anni.
E si conclude con una condanna a 50 giorni di arresto, pena sospesa, e pagamento delle spese processuali. Il pm, Enrica Pedrazzoli, aveva chiesto sei mesi ai sensi dell’articolo 660 del codice penale.
L’uomo imputato, titolare di un’attività commerciale, quarantenne, con una famiglia, la prima volta aveva seguito per un po’ la piccola, mentre camminava per strada, con una Bmw nera, poi si era avvicinato e aprendo il finestrino si era rivolto a lei dicendole: “Ehi bella bimba? Ce l’ho duro. Lo vuoi vedere? Lo vuoi toccare?”. Queste le parole riportate dalla bambina in tribunale, che la difesa ha definito “uno scherzo”.
A quelle parole, Giulia scappa via impaurita e chiede aiuto ad alcuni parrucchieri del paese che la riportano a casa. Ma la madre – e qui i dubbi della difesa e del giudice – denuncia solo il 13 aprile 2012, due mesi dopo l’accaduto. Da qui partono le indagini dei Carabinieri. Nel frattempo, però, un altro “scherzo”.
Il secondo episodio avviene il 22 giugno 2012. Giulia sta andando a casa di un compagno con alcuni amici e amiche, per invitarlo alla festa del loro quartiere. Arrivano, suonano il campanello. Giovanni Paoloni apre la porta: il padre del ragazzino è proprio lui. Giulia ha subito una crisi di pianto e di nervi mentre lui si rivolge ai bambini con “ciao amore, ciao tesoro. Chi è la fidanzata di mio figlio? Sei tu? No, forse sei tu? Ma no – e rivolgendosi a un ragazzetto, maschio, Alessandro – in realtà sei tu!” e manda baci a destra e a manca.
Alessandro riveste un ruolo chiave in tutta la vicenda, suo malgrado. L’avvocato di Paoloni, Giovanni Asole, gli attribuisce versioni discordanti rispetto agli altri bambini nel corso delle testimonianze in aula. Riferendosi al secondo episodio di presunta molestia, “si sa che i minori fanno confusione, a volte inventano film e aggiungono particolari che non esistono e smentiti in questo caso dalla stessa Giulia” dice l’avvocato della difesa.
Secondo l’avvocato difensore il piccolo Alessandro è stato più ‘drammatico’ degli amici nel raccontare la vicenda: “Giulia si mise a piangere appena sentì la sua voce al citofono. Poi scappò a nascondersi in garage”. Ma è la stessa Giulia, poi, a dire di essersi solo molto spaventata. Secondo gli altri bambini si trattava solo di parole e atteggiamenti scherzosi.
Fatto sta che Giulia riconosce in Paoloni l’uomo della Bmw e lo riferisce alla madre. Due giorni dopo, il 24 giugno 2012, vengono convocate in caserma per fare una ricognizione fotografica e la piccola riconosce in una foto il suo ‘orco’, “con una certezza del 90%”, dice l’avvocato Asole, perché la bambina sottolinea: “Non porta gli occhiali, come l’ho sempre visto”. Quel “sempre” per la difesa è una contraddizione con quanto testimoniato in precedenza, perché “Giulia disse di non conoscere l’uomo”.
Fuori dall’aula del tribunale di Urbino l’avvocato Paoloni è molto gentile e disponibile a chiacchierare e alla domanda: “Se qualcuno fermasse sua figlia e le rivolgesse quelle parole lei cosa farebbe?” risponde: “Denuncerei subito, non andrei in giro a cercare la macchina ‘incolpata’ come ha fatto la madre rivolgendosi alle forze dell’ordine solo dopo due mesi”.