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Il vescovo di Urbino: “Papa Francesco ci sta educando al sorriso”

di    -    Pubblicato il 1/12/2013                 
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Mons. Tani con papa Francesco a Roma per la Visita ad Limina

“Sono molto felice e pieno di aspettative” aveva detto al Ducato monsignor Giovanni Tani, otto mesi fa, all’indomani dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio. Oggi la sua gioia è ancora più evidente. “Mi piace moltissimo papa Francesco – dice il vescovo con un sorriso sulle labbra – ci sta educando ad andare all’essenziale, a essere molto vicini alle persone, ad avere sempre il sorriso, ad affrontare con determinazione anche le tematiche più delicate con la consapevolezza che le soluzioni non saranno immediate. Ci sta educando ad avere pazienza, a saper attendere le novità non in maniera spasmodica, ma nel rispetto del tempo che occorre per farle maturare”. Monsignor Tani, da due anni vescovo della diocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, ha maturato la sua fede prima di tutto in famiglia. Secondo di quattro figli, ha una sorella monaca carmelitana a Tolentino. Dopo l’ingresso in seminario sono arrivati gli studi teologici. “Il mio percorso, però, non è stato privo di momenti difficili, – racconta il vescovo – di dubbi e di asperità che ho superato anche grazie allo studio di Santa Teresa d’Avila. Leggendo i suoi libri ho capito che la fede non è un fatto intellettuale e concettuale, ma è un percorso di vita”.

Monsignor Tani lei ha già incontrato papa Francesco, cos’ha provato?

«Ho visto il Santo Padre due volte. La prima, in occasione del pellegrinaggio organizzato il 17 aprile scorso per l’udienza privata in Vaticano insieme ai fedeli delle diocesi di Fano e di Pesaro. In tutto partirono dieci pullman con oltre trecento persone. Quando gli ho stretto la mano per presentarmi mi ha detto, come fa sempre, di pregare per lui. La seconda volta, l’ho visto un mese dopo per la Visita ad Limina, un incontro periodico che tutti i vescovi fanno con il Papa per presentare le relazioni sulle rispettive diocesi. Ci ha fatto sedere in cerchio accanto a lui, è stata una chiacchierata quasi informale sui problemi delle nostre parrocchie e ci ha dato molti consigli. Poi ci ha parlato dei suoi progetti e delle questioni delicate che ha intenzione di affrontare».

L’arcivescovo di Milano Angelo Scola ha detto che grazie all’“effetto Francesco” le confessioni sono raddoppiate. È successo anche a Urbino?

«Sì anche i parroci della mia diocesi mi hanno detto che sono aumentate le persone che si avvicinano alla confessione, ma già la visita a Roma ha dimostrato il grande entusiasmo e la grande attesa che i fedeli hanno costruito intorno a papa Francesco».

Merito forse anche della strategia comunicativa di Bergoglio?

«Il papa sta seguendo tutti i percorsi e gli itinerari possibili per far avvicinare la gente alla Chiesa. E la Chiesa dal punto di vista della comunicazione è sempre stata puntuale, anzi forse ha anticipato alcune iniziative. Il Papa poi sa trovare il modo adeguato per arrivare al cuore dei fedeli, basti pensare alla domenica della “misericordina”: il rosario, la medicina che può aiutare tutti».

Quali sono secondo lei le differenze principali tra Bergoglio e il suo predecessore, Joseph Ratzinger?

«Ogni Papa porta il papato con le sue caratteristiche personali. Benedetto XVI ci aveva abituato al gusto della parola profonda, al pensiero elaborato, al dialogo con le religioni. Purtroppo in questo non è stato seguito molto dalle grandi masse, ma chi lo ha ascoltato lo ha anche apprezzato. Papa Francesco si affida di più ai gesti, alle parole suggestive piene di immagini, parole subito percepibili dalla gente, si lascia guidare dalla semplicità e dall’immediatezza. Ad esempio la frase “non lasciatevi rubare la speranza” è uno slogan immediato che abbiamo ripreso anche noi in occasione della visita in Vaticano. Inoltre, le sue spiegazioni del Vangelo sono semplificate, le omelie ridotte a tre parole. Ricordo quando disse che ad una famiglia per vivere nell’amore bastano tre parole: permesso, scusa e grazie».

Lei li ha conosciuti entrambi, cosa hanno di diverso?

«Sono entrambi molto cordiali, solo che la cordialità di papa Francesco è più manifestata, più espressa. Dei due ho conosciuto meglio Benedetto XVI perché quando ero rettore a Roma ci siamo incontrati almeno sei o sette volte, l’ho accompagnato negli spostamenti nei vari seminari e siamo stati più volte a tavola insieme. Posso assicurare che è molto più piacevole sedere accanto a Benedetto XVI che accanto ad altri personaggi importanti».

In questi primi otto mesi di pontificato, papa Francesco ha detto che sogna una Chiesa che sia come “un ospedale da campo”, capace di curare i cuori. Il messaggio è stato accolto?

«Lo stile di papa Francesco è così forte che si comunica facilmente ai preti e ai vescovi. Io percepisco in loro un cambiamento, ma ovviamente non in tutti e non allo stesso modo».

Secondo il Papa la Chiesa dovrebbe avere il coraggio di andare incontro anche a chi finora non l’ha mai frequentata o se n’è allontanato perché si è sentito giudicato. Il riferimento è anche alle persone omosessuali e ai divorziati-risposati. Lei cosa ne pensa?

«Con la frase che il Santo Padre ha pronunciato di ritorno da Rio de Janeiro: “Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla”, intendeva dire che ogni persona deve essere accolta come tale, senza fare categorie o esprimere giudizi che non lasciano spazio alla fiducia e alla speranza. Una cosa è fare un discorso teorico sull’omosessualità, altra cosa è incontrare la persona concreta. Da parte mia non esprimo nessuna preclusione, certamente così come c’è una morale riguardo le persone eterosessuali, c’è una morale anche per le persone omosessuali. Su questo punto la Chiesa non ha mai cambiato la sua dottrina».

E per quanto riguarda i divorziati?

«Non penso a cambiamenti epocali come la comunione ai divorziati. Ragionando in modo astratto, non sarei d’accordo che i divorziati risposati possano fare la comunione perché solo conoscendo concretamente le persone si può distinguere tra quelli che vivono questa condizione con superficialità e quelli che invece vivono situazioni sofferte. Mi piacerebbe che il Papa pensasse ad una facilitazione nel riconoscimento dell’annullamento del matrimonio,almeno per le relazioni più complicate».

Bergoglio ha detto che è necessario ripensare il ruolo della donna nella Chiesa. Qual è il suo parere?

«Io credo che ci siano delle sensibilità femminili che potrebbero dare un grande contributo alla Chiesa. Nella mia esperienza di parroco ci sono state alcune intuizioni, alcuni percorsi e suggerimenti che mi sono stati trasmessi proprio dalle donne. Grazie alla loro sensibilità ho visto le cose in un altro modo e in un’altra prospettiva».

Secondo il Papa la pastorale missionaria deve essere essenziale. Lei come prepara le sue omelie e cosa cerca di trasmettere?

«Io preparo le omelie guardando, pregando e riflettendo sul Vangelo. Cerco di non fare quadri espositivi dottrinali, mi concentro su alcuni aspetti del Vangelo, alcune parole, alcuni atteggiamenti di Gesù e faccio delle riflessioni su questo. Credo che la semplicità sia il modo migliore per arrivare al cuore dei fedeli».

Quali sono, secondo lei, gli appuntamenti che attendono Papa Francesco?

«Non so, siamo molto in attesa. Io personalmente aspetto riforme organizzative della Chiesa, sulla collegialità sia a livello centrale sia a livello delle varie conferenze episcopali. Certamente anche una riforma di alcuni aspetti della dottrina per approfondire il discorso sulla liturgia e per far avvicinare le persone alla comprensione della parola di Dio».

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Un commento to “Il vescovo di Urbino: “Papa Francesco ci sta educando al sorriso””

  1. Giovanni scrive:

    IL DONO DEL SORRISO

    Non costa nulla
    e produce molto.

    Arricchisce chi lo riceve
    senza impoverire quello
    che lo dona.

    Dura un solo istante
    ma il suo ricordo
    è delle volte immortale.

    Un sorriso, è del riposo
    per l’essere affaticato, del coraggio
    per l’anima abbattuta, della
    consolazione per il
    cuore triste.

    E’ un vero antidoto
    che la natura tiene in riserva
    per tutte le pene.

    Se viene rifiutato
    il sorriso che meritate,
    siate generosi, date sempre il vostro.