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Stefano Papa: “Il rettore sia senza indennità. La Carlo Bo o cresce o muore”

di    -    Pubblicato il 14/04/2014                 
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Stefano Papa

Stefano Papa

URBINO – “Nel mio programma c’è la volontà di rinunciare all’indennità prevista per il ruolo di rettore”: Stefano Papa lo aggiunge a margine dell’incontro con Il Ducato, durante il quale ha raccontato a grandi linee il suo programma. Coordinatore delle scuole di Scienze biomediche e di Scienze biologiche dell’università di Urbino, giovedì 17 aprile consegnerà la sua candidatura ufficiale “perché le feste sono sacre”, sottolinea. Quasi dieci giorni prima dell’ultimo termine per la presentazione.

“Un ordinario come me non può pretendere di ricevere anche l’indennità di rettore, almeno non come è prevista ora. Gliene si dovrebbe riconoscere una pari a quella di un direttore di dipartimento. Perché alla fine il rettore fa le stesse cose, solo che un po’ più in grande”.

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Papa si definisce un “renziano della prima ora”, che in caso di elezione non avrebbe più tempo per la didattica e che quindi riterrebbe superfluo ricevere un’ulteriore indennità. “Lo stesso vale anche per quella del prorettore vicario –  aggiunge – nel totale si risparmierebbero più di 60.000 euro ogni anno. Due posti di ricercatore a tempo definito.”

Poi si concentra sull’università: “Non siamo messi benissimo a livello finanziario. Siamo in pareggio di bilancio ma a lato ci sono tante spese, i costi, il mutuo. Rincorriamo le tasse degli studenti che compongono il quasi il 40% del budget. Sono i nostri azionisti di minoranza e dobbiamo tutelarli”.

Tuttavia, questo candidato al rettorato di Urbino, la cui corsa è stata avvolta nel mistero fino a che non ha deciso di ufficializzarla con un articolo a sua firma, ha una visione manageriale dell’università, basata su tre punti fondamentali.

La qualità, un maggior numero di corsi, un maggior numero di studenti. Tre elementi connessi e dipendenti. “Dobbiamo mettere in sicurezza gli studenti che ci sono – spiega Papa – conservando i numeri alti del settore scientifico e potenziando il settore umanistico. Dobbiamo aumentare l’offerta formativa con nuovi corsi che formino figure professionali fresche e forniscano gli strumenti necessari a trovare lavoro. Quel lavoro per il quale Almalaurea ci pone, in molti ambiti,  tra i primi occupati in Italia”.

Conterà soprattutto la qualità della ricerca, alla base dei controlli ministeriali che, con la legge 240, valutano gli atenei e di conseguenza i fondi a loro destinati. “Ricercatori e abilitati dovranno produrre e produrre bene. Saranno tutelati nel loro percorso, perché capisco cosa vuol dire nella vita essere fortunati. A 30 anni ero già professore ordinario e se hai vissuto sulla tua pelle questa fortuna, senti il dovere di esse partecipe della fortuna degli altri”.

La Carlo Bo è una barca stabile che, però, non potrà continuare così a lungo. “Siamo una piccola realtà universitaria, con una popolazione di circa 13.000 studenti. Dobbiamo aumentare questo numero, competere con altri tre atenei nelle Marche, più anziani e quindi con  più soldi. Siamo sottofinanziati. Se questa università non cresce, non potrà andare avanti a lungo”.

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