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“No more Page3″: il Sun dice addio alla ragazza in topless, ma solo su carta

di    -    Pubblicato il 20/01/2015                 
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Un esempio di pagina 3 del Sun

Un esempio di pagina 3 del Sun

URBINO – Niente più Page3. O meglio niente più topless a pagina tre. Gli inglesi da oggi sfogliando il Sun non troveranno più la “ragazza di pagina tre”.

Il giornale britannico più venduto dice addio dopo 44 anni all’appuntamento giornaliero con la modella nuda, che l’edizione irlandese aveva eliminato nell’agosto 2013.

Una censura che non colpisce però la rete. Rupert Murdoch scherzando sull’argomento fa sapere che la ragazza in topless sopravvivrà online: “Page3 ci sarà sempre, tra pagina 2 e 4, oggi puoi trovare Lucy da Warwick su Page3.com”, il sito appositamente dedicato alla pubblicazione dei topless che esiste dal 1998.

Il brand ‘pagina tre’ è stato introdotto nel 1970, a meno di un anno dall’acquisto del quotidiano da parte del magnate dell’informazione. Felici le femministe che dal 2012 portavano avanti la campagna No More Page 3 contro l’uso del corpo femminile come oggetto sessuale. La petizione su change.org, diretta a David Dinsmore editor del Sun, è stata promossa da Lucy Holmes. Appoggiata anche da molti uomini, la donna ha raccolto oltre 217.000 firme. Oggi i sostenitori festeggiano su Twitter per la vittoria.

“Chi altro indossa la propria tshirt con orgoglio oggi?”

Non tutti però sono d’accordo. Su Twitter molti utenti protestano e non vogliono rinunciare a un simbolo con cui sono cresciuti. Di fatto dichiarando guerra a colpi di hashtag #wewantpage3 (“vogliamo pagina 3″) e #dontbuythesun (“non comprate il Sun“).

“Page3? E poi? Nulla grazie ai meschini bigotti”

“Sono fiero che pagina tre abbia chiuso. Sono solo triste che il resto delle pagine di questo giornalaccio rimangano”

Il tentativo di settembre. Già a settembre Murdoch aveva accennato a un possibile cambiamento della linea editoriale del Sun. Lanciando una domanda a suoi follower Twitter: “Le giovani e belle donne non sono più attraenti vestite alla moda?”.

L’editore australiano aveva poi affondato il colpo contro le femministe: “Se ne lamentano, ma scommetto che poi non lo comprano – aggiungendo – è una tradizione vecchia ma non sembra che i lettori siano d’accordo”.

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