URBINO – Mantenere viva l’attenzione su un caso giudiziario, per arrivare a una verità. Ilaria Cucchi ha incontrato gli studenti dell’Università di Urbino per raccontare l’esperienza tragica che ha coinvolto la sua famiglia, con la morte del fratello Stefano avvenuta nel 2009 all’ospedale Pertini di Roma mentre era in stato di arresto per droga. Sguardi attenti e silenzio assoluto nell’Aula magna di Palazzo Battiferri, dove Cucchi è intervenuta insieme a Fabio Anselmo e Alessandro Gamberini, i due legali della famiglia che hanno seguito il caso. Il convegno di martedì 17 marzo rientrava nel primo di due giorni di incontri organizzati dall’Ateneo e intitolati Lo Stato irresponsabile, Il caso Cucchi.
“Essere qui oggi, così come in altri luoghi dove vengo invitata a parlare agli studenti, mi fa capire che abbiamo vinto, nonostante la sentenza d’appello”, ha detto Ilaria Cucchi, riferendosi all’assoluzione dei sei medici accusati dell’omicidio colposo del fratello (sentenza pronunciata nell’ottobre 2014). Medici che erano stati condannati in primo grado. “Mentre viaggiavo verso l’ospedale, ero incredula – ha raccontato Cucchi, ripercorrendo insieme agli studenti i momenti in cui ebbe la conferma visiva della morte di Stefano – Il suo corpo era devastato. Quell’immagine non ricordava lontanamente mio fratello”. “Le persone che hanno avuto a che fare con lui non hanno interrotto la catena” di eventi “che ha portato alla morte”. Di indifferenza si può morire, perché “se avessero denunciato, nulla sarebbe accaduto”.
Ilaria Cucchi ha parlato anche delle carceri come luoghi dove “ogni diritto verrà calpestato”, se si fa parte degli ‘ultimi’ a livello sociale. Per affrontare i processi nelle aule dei tribunali, ogni famiglia in cerca di una verità si trova a compiere un percorso complesso e faticoso: “Se la giustizia fosse veramente giusta, questi sacrifici non servirebbero. Come familiari abbiamo l’obbligo di andare avanti. Qualcuno dovrà rispondere di quello che è successo. Ho sentito persone negare quel pestaggio”. Le foto che ritraggono il viso e il corpo di Stefano Cucchi coperti di lividi sono state, per anni, trasmesse e proposte da tutti i media italiani. Partecipare a un evento come quello di martedì per Ilaria Cucchi equivale a una vittoria. “Ora tutti sanno cosa è capitato a mio fratello”. E la stessa rimane fiduciosa nella giustizia italiana, come ha riferito in un’intervista concessa al Ducato prima dell’inizio dell’incontro.
“Quando lo Stato deve processare se stesso, diventa il miglior difensore di se stesso” è il pensiero dell’avvocato Fabio Anselmo. “Stefano è stato pestato, poi ricoverato in ospedale e, successivamente, è morto”, ha proseguito il legale, che ha poi trovato delle caratteristiche in comune tra il caso Cucchi e i processi per mafia. Nel processo Cucchi “i testimoni subiscono un condizionamento forte nel momento di riferire circostanze critiche sull’operato delle forze dell’ordine”.
Al di là del risultato processuale finale, la questione non sarà conclusa. L’ha sostenuto Alessandro Gamberini, legale della famiglia Cucchi che ha seguito il caso per un periodo di tempo. “C’è una vicenda istituzionale su cui riflettere”, ha detto. Per Gamberini, si tratta della difficoltà di indagare le responsabilità penali quando queste toccano chi fa parte dell’ordinamento dello Stato e ha il potere di uso della forza.