Il business dell’accoglienza:
9 milioni di euro al mese


Pubblicato il 18/04/2014                          
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centro_accoglienzaSi lasciano alle spalle guerre, persecuzioni, carestie. Attraversano continenti con un’unica meta: l’Italia, la loro America. Ma arrivare è solo il primo passo. Dopo, per i migranti che hanno chiesto protezione al nostro Paese inizia un altro calvario che si chiama Cara, centro accoglienza richiedenti asilo. E’ lì infatti che aspetteranno anche due anni per ottenere lo status di rifugiato.

Una “cara” accoglienza. Nel 2013 per accogliere i 40.000 migranti sbarcati nelle nostre coste l’Italia ha speso 1,8 milioni di euro al giorno. Soldi che finiscono nelle tasche degli enti che gestiscono i centri d’accoglienza. Guadagnare con i migranti in fondo è facile: una volta vinta la gara d’appalto, basta riempire all’inverosimile i centri. Poi, per ogni singolo immigrato, è lo Stato a pagare una somma che può andare dai 21 euro fino ai 40 euro al giorno, 80 se minorenne. Di questa cifra, al migrante spettano all’incirca 2,50 euro al giorno pagati in pacchetti di sigarette o in schede telefoniche. Nel migliore dei casi gli viene consegnata una chiavetta ricaricabile con cui comprare caffè e merendine nei distributori della struttura. Così all’ente restano solo i costi di gestione.

Il vero affare nell’accoglienza, però, si fa con i richiedenti asilo, quelli che rimangono per mesi, anni negli undici Cara d’Italia. Solo nel mese di marzo 2014, il ministero dell’Interno ha pagato alle cooperative che gestiscono i centri 9.582.614 euro.

Quello di Mineo, vicino Catania, è il più grande d’Europa: 4600 persone a fronte di una capienza di 2000 posti che fruttano al “Consorzio Calatino Terre di accoglienza” 50 milioni di euro all’anno. Ne fanno parte la cooperativa Sisifo, aderente a Legacoop, Senis hospes, la Cascina Global Service, la Croce Rossa, la Pizzarotti e la Casa Solidale. Per ogni migrante lo Stato paga 34,60 euro per un totale di 138.400 euro al giorno.

Il Cara di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto a Crotone è affidato, invece, alla confraternita Misericordia, fondata dal parroco don Edoardo Scordio, che si è aggiudicata la gara d’appalto per 21,40 euro a persona, la cifra più bassa d’Italia. A marzo 2014 erano presenti 1500 migranti anche se il Cara ha una capienza di 856 posti. Alcuni sono costretti a dormire in vecchi container. Il costo totale in un mese è stato di 963.000 euro.

I fratelli Chiarazzo, fondatori dell’Auxilium, sono diventati dei veri professionisti nel campo dell’accoglienza: gestiscono due Cie, quello di Ponte Galeria e di Caltanissetta, e tre Cara, a Roma, a Bari e sempre a Caltanissetta. In quello di Bari la diaria giornaliera pagata dallo Stato è di 33 euro. A marzo 2014 erano presenti 1500 persone su 774 posti (1.485.000 euro in un mese). Auxilium riceve, invece, 25 euro al giorno per i 460 migranti che attualmente vivono nel Cara di Caltanissetta progettato per ospitare 96 persone (345.000 euro al mese). Da aprile la cooperativa gestisce anche quello di Castelnuovo di Porto, vicino Roma. Ha vinto la gara d’appalto con la cifra di 21 euro a persona, 396,900 euro al mese per i 630 migranti ospiti del centro.

Nello stesso periodo nel Cara di Gorizia sono state accolte 203 persone in 138 posti, per un totale di 182,700 euro. L’ente gestore del centro e del Cie di Gradisca d’Isonzo, il consorzio Connecting People, è stato rinviato a giudizio a marzo 2014 per associazione a delinquere finalizzata alla truffa: avrebbe gonfiato i numeri delle presenze degli ospiti all’interno delle due strutture per ricevere più soldi dal ministero dell’Interno. Secondo la Procura, avrebbe rubato allo Stato dal 2008 al 2011 2 milioni e 300.000 euro, 500.000 euro per il Cara e un milione e 800.000 euro per il Cie.

Il Consorzio, formato da Solidalia, Il Nodo, Kairòs e Polis, percepiva in quel periodo 42 euro al giorno per immigrato. A questo si aggiunge la difficile situazione dei dipendenti dei due centri che non ricevono lo stipendio da novembre 2013. La Connecting People gestisce anche il centro di Brindisi che può ospitare 128 persone, a marzo 2014 erano 182 con un costo di 135,298 al mese.

La vita nei Cara. Nei Cara sovraffollati e lontani da qualsiasi centro abitato, i migranti passano il tempo a dormire in stanze con 8, 10 persone o in stanzoni da 20, 25 persone. Le condizioni igienico-sanitarie sono pessime: in quasi tutti i Cara si sono registrati casi di scabbia e di tubercolosi. Ma anche risse, suicidi e omicidi. Lo scorso anno solo a Mineo sette persone si sono tolte la vita. Migranti di diverse nazionalità e religioni vivono in condizioni di promiscuità, davanti a bambini e minori.

Dovrebbero seguire dei corsi di italiano, avere un avvocato che li prepari quando si troveranno davanti alla Commissione che deciderà del loro futuro. Ma i richiedenti asilo sono troppi e fornire un’adeguata accoglienza vincendo le gare d’appalto al ribasso quasi impossibile. Molti di loro hanno speso tutti i risparmi di famiglia per arrivare in Italia, sicuri di poter trovare presto un lavoro e iniziare a guadagnare.

Quando vedono che la realtà è ben diversa, molti cadono nella rete della criminalità organizzata: iniziano a vendere i pacchetti di sigarette che ricevono al posto del pocket money, a spacciare droga e alcune donne si prostituiscono. Nei Cara l’unica legge che vige è quella del più forte. Ci si organizza in clan, comandati da un capo al quale è impossibile ribellarsi. Le donne sole non hanno alcuna possibilità di difendersi. Tutto questo avviene sotto gli occhi degli operatori e nel luogo che dovrebbe proteggerli.

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