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Arriva il fascino dell'Occidente

Gli shojo manga nascono tra gli anni Cin-quanta e i Sessanta, con le opere di Osamu Tezuka. La prima serie fu Ribbon no Koshi, e narrava la strana fiaba di Saphire, un'eroina che divenne fonte di immedesimazione in molte donne che, dopo la terrribile esperien-za della guerra, vedevano in lei un simbolo di emancipazione.

Tra gli anni Sessanta e Settanta, le ragazzine giapponesi cominciano a subire il fascino dell'Occidente come mai prima. Le nuove generazioni studiano inglese e francese, vanno all'estero, fanno la fila per i film americani. Anche l'industria dei manga si adegua, cominciando a proporre fumetti di ambientazione storica europea e trasposizioni di alcuni celebri film-culto, come Via col vento, di Margareth Mitchell, e Angelica, di Anne e Serge Golon. Tra i primi, non si può non ricordare Versailles no Bara, creato da Ryoko Ikeda, una illustre rappresentante di questo desiderio di cambiamento caratteristico di quegli anni.

Parte del lento ma costante processo di emancipazione femminile giapponese di quegli anni, è il forte aumento della pratica sportiva anche tra le ragazzine. I manga colgono la novità e nasce, a cavallo tra i due decenni, un sottogenere dedicato a imprese di giovani sportive: il personaggio più illustre di questo filone è la protagonista di Attacker You, nota anche in Italia con il nome di "Jenny la tennista", una giovane e aspirante star della racchetta con una grinta tale che la porta ad anteporre lo sport a tutto e tutti.

Anche il modo di vivere la carriera arti-stica subisce un profondo mutamento. Se in passato la donna che si dedicava al teatro doveva praticamente immolare la sua vita al Takarazuka (vedi nel glossario), in uno spi-rito quasi monacale, ora vuole emulare i mo-delli delle idol occidentali: giovani cantanti e attrici molto belle, dolci e dal successo fu-gace.

Nei manga degli anni Ottanta esplode così la moda delle majocco: ragazzine che diventano maghette e che sono anche idol, a cominciare da Creamy Mami (da noi "L'incantevole Creamy") e poi Ai Shite Tonight ("Kiss me Licia"), uno shojo incentrato sulla storia di una rock band.

Negli anni Novanta sono le supereroine alla Sailor Moon a diventare regine degli shojo. Contemporaneamente si affermano sempre più le cronache scolastiche alla Marmelade Boy, o un po' fantastiche alla Miracle Girls.

Ai nostri giorni, va aumentando il successo del genere fantastico e di quello definito curiosamente "horror per ragazzine". In grande crescita anche l'erotismo omosessuale di testate come June, da cui trae origine tutto un genere di manga, come è possibile vedere nel glossario.

Gli shojo in Italia: la valanga Candy Candy

Nel nostro Paese gli shojo hanno avuto un enorme successo in animazione e uno scarsissimo esito nelle edicole.
Il primo shojo a essere seguitissimo in Italia è stato Candy Candy. Trasmesso per la prima volta da canali locali a partire dal 1980, diventò in breve un cult assoluto per una generazione di ragazzine e ragazzini che si appassionò alla signorina "tutta lentiggini", al suo amore Terence, al suo benefattore Albert, alle sue amiche della Casa di Pony e agli attacchi della perfida Iriza.

Nella serie ci sono echi di Cenerentola, di Romeo e Giulietta (citato come modello nella storia d'amore con Terence) e molti spunti dal best-seller per ragazze Papà Gambalunga, di Jean Webster. Se a tutto questo si aggiunge la felicità narrativa di Yumiko Igarashi, che ha creato un personaggio allo stesso tempo romantico, sognatore, forte e dai precisi principi morali, non si fatica a capire il formidabile successo di Candy. Un vero e proprio classico degli anime giapponesi, continuamente riproposto in televisione anche a distanza di venti anni dal suo debutto.

Il successo della serie di Candy portò la popolare rivista Telepiù a lanciare il concorso "Racconta Candy in tv", in cui si chiedeva alle giovani spettatrici di immaginare come avrebbero voluto che finisse la storia di Candy. Una maggioranza schiacciante rispose che Candy avrebbe dovuto sposare Terence, e questo portò i responsabili delle televisioni locali a modificare il finale, lasciando intendere che la bionda boccolona e Terence sarebbero convolati a nozze. La storia originale vede invece Candy sposare Albert, il suo benefattore.

Il gruppo editoriale Fabbri, visto l'esito dell'anime, iniziò uno sfruttamento del per-sonaggio di Candy su vasta scala, creando una linea per la scuola tutta dedicata all'eroina ricciolosa. Poco tempo dopo, la Fabbri decise di lanciare nele edicole il set-timanale di Candy, in cui trovò posto il man-ga originale di Yumiko Igarashi.

Le giovani lettrici - pur con qualche tentennamento iniziale dovuto forse al tratto grafico dei primi numeri, meno accurato rispetto all'anime - elessero il giornalino loro rivista ideale. Sul settimanale apparvero varie rubriche, curate dagli amici di Candy (Annie parlava di bellezza, Patty di varietà, Terence di viaggi, Archie di musica, Stear di sport, Klin di animali) e il periodico può essere oggi visto come emblematico dei gusti e delle passioni delle preadolescenti dei primi anni Ottanta.

Contemporaneamente al successo italiano, Candy conquistò anche il pubblico francese, tedesco, spagnolo. Qualche anno dopo sbarcò in Messico e in America Latina e, più recentemente, in Polonia e in tutta l'Europa dell'Est, diventando così un fenomeno di costume anche presso chi non è propriamente un otaku.

L'anime di ambientazione storica: Lady Oscar

Il 1982 segnò l'esplosione degli anime con la serie Lady Oscar, diretta a un pubblico sia maschile che femminile. Il cartone rac-conta le vicissitudini di vita, amore e carrie-ra militare di Oscar Francois de Jariayes, una bellissima donna che fingendosi uomo per volontà del padre, riesce a diventare colonnello dell'esercito reale e poi della guardia nazionale nella Francia della rivolu-zione del 1789. Oscar custodisce il suo se-greto finchè s'innamora del conte di Fersen (realmente esistito) e poi del compagno di una vita, il dolce Andrè.

Il tema della ragazza che si traveste da uomo per avere successo, è vecchio e molto amato in Estremo Oriente. Riyoko Ikeda seppe unire a questo una storia appassionante e struggente, un Occidente da favola e un'epoca storica di grande interesse. I fatti storici sono ricostruiti con precisione e hanno insegnato a generazioni di bambini episodi studiati poi sui libri di scuola. Non si può dire lo stesso per i costumi, completamente reinventati attingendo alla realtà di tre secoli (Seicento, Settecento e Ottocento).

Il cartone animato di Lady Oscar seppe conquistare milioni di spettatori in Italia, Germania, Austria, Francia, Svezia e Spagna. Da noi fu messo in concorrenza da Mediaset con il tg 1 delle 20, riuscendo ad attirare un pubblico di cinque milioni di fedelissimi. Enorme successo ebbe anche l'album delle figurine, prodotto dalle Edizioni Panini, di cui furono vendute tre milioni di copie e venti milioni di pacchetti di adesivi.

Il manga della Ikeda fu in Italia anche oggetto di una causa vinta dalla Fabbri Editore contro il Corriere dei Piccoli, reo di avere pubblicato senza autorizzazione una parte del materiale.
Lady Oscar in versione manga, pubblicato sul settimanale Candy Candy tra il 1982 e il 1984, fu però stravolto dalla Fabbri per renderlo accettabile a un ipotetico pubblico di bambine di otto anni. Tra i vari tagli, il finale fu bruscamente troncato, per timore che apparisse troppo osè e tragico, con la morte di Oscar durante la presa della Bastiglia.

Una versione completa uscì invece per la Granata Press tra il 1993 e il 1994, presentando una storia fuori serie dove Oscar, Andrè e Rosalie si trovano a vivere un'avventura horror contro una strana dark lady.

Proprio l'insensata politica di troncare i finali delle versioni manga degli anime di maggior successo, fu una delle principali cause della chiusura del giornalino Candy Candy, nel gennaio 1987.
Anche per Lady Oscar è lecito parlare di "classico" degli anime, considerando non solo l'altissimo gradimento registrato in molti paesi, ma anche il fatto che a distanza di due decenni l'anime è periodicamente ritrasmesso da molte reti private, piccole medie e grandi.

Georgie, una Candy in minore?

Dalla stessa penna magica di Yumiko Iga-rashi, nasce nel 1982 Georgie, trasposto in animazione l'anno dopo dalla Tokyo Movie Shinsha, e approdato in Italia nel 1984. Georgie, considerato da alcuni una Candy in minore, è in realtà un personaggio piuttosto diverso, capace di raccogliere un vasto consenso.

E' un manga più breve del lunghissimo Can-dy, ma con una storia se possibile più ingar-bugliata che lo avvicina al romanzo d'ap-pendice, più che al fumetto. Georgie rientra nello stile delle eroine di Igarashi, con i boc-coli biondi e gli occhioni pieni di stelle, ma è più donna di Candy, più formosa e sensuale.

L'anime si concentra sulla prima giovinezza di Georgie, raccontando le sue avventure in Australia che culminano con la morte dell'adorato papà adottivo. Il finale differisce molto dal manga originale, scegliendo un finale forse incompleto ma meno traumatico: dopo essersi riunita al vero papà, Georgie preferisce tornare in Australia con Abel e Arthur, anche se non è legata sentimentalmente a nessuno dei due.

Nel manga invece, Georgie dopo essere stata l'amante di Abel (condannato a morte per aver ucciso il figlio del perfido duca Dangering) e aver avuto da lui un bimbo postumo, torna in Australia. Qui ritrova Arthur, che aveva creduto morto, e si lega a lui. Si capisce perchè il cartone animato racconti tutt'un altra storia...

La censura italiana non valutò sufficiente lo stravolgimento del finale e ha imposto sempre maggiori tagli. Praticamente a ogni replica si è provveduto a togliere qualcosa, cominciando dalle scene dei baci tra Lowell e Georgie, ad alcune allusioni a Dangering, alle tendenze non proprio commendevoli del figlio, fino all'eliminazione della celebre scena in cui Arthur riscalda Goergie con il suo corpo nudo, dopo che la ragazza era caduta in un fiume ghiacciato.

Lo stesso manga, pubblicato una prima volta nel settimanale Candy Candy verso il 1985, fu troncato quando le vicende cominciavano a farsi complicate. Dieci anni più tardi, la Star Comics decise di pubblicare il manga inegralmente, ma non ottenne un gran successo di pubblico.

Gli anni Ottanta si chiudono con un nuovo grande successo: la serie Kiss me Licia, da cui furono tratte anche due serie dal vivo, con Cristina d'Avena nei panni della stessa Licia. Anche in questo caso, ogni riferimento sessuale fu cancellato, trasformando la serie nella banale storia di una ragazza e di una band musicale.